Legalizzazione della cannabis, si autodenunciano: “La coltiviamo in casa”

Legalizzazione della cannabis, si autodenunciano: “La coltiviamo in casa”

Oggi il sit in a Montecitorio promosso da MeglioLegale per sensibilizzare il Parlamento. Secondo uno studio si potrebbero creare 350mila posti di lavoro e far incassare all’erario tre miliardi di euro

Sedici parlamentari stanno coltivando cannabis nelle proprie abitazioni, e quattro di loro si sono autodenunciati sui social nell’ambito della campagna Meglio Legale, che punta alla legalizzazione delle droghe leggere.

I parlamentari di Pd, M5S e +Europa che hanno già avviato la coltivazione o che si accingono a farlo, avendo ricevuto il seme da Meglio Legale, sono: Riccardo MagiMatteo ManteroAldo PennaMichele SodanoConny GiordanoDoriana SarliCaterina LicatiniCarmen Di LauroChiara GribaudoAndrea RomanoEnza Bruno BossioTeresa ManzoElisa TripodiMichele UsuelliCarmen Di Lauro e Luigi Sunseri.

In tutta Italia lo hanno fatto 2000 persone.

I quattro parlamentari che hanno deciso di autodenunciarsi pubblicando un video sui propri social sono Mantero, Magi, Penna, Sodano.

E domani, alle ore 10, ventisei parlamentari della maggioranza, insieme a esponenti della società civile, saranno davanti a Montecitorio per una manifestazione promossa per sensibilizzare il Parlamento sulla legalizzazione delle droghe leggere.

La campagna si chiama #Iocoltivo. Vi hanno aderito venti parlamentari Cinquestelle, tre Pd, Roberto Giachetti di Italia Viva, Antonio Tasso del Gruppo Misto, Riccardo Magi di + Europa. Tra i Cinquestelle figurano, tra gli altri, Giuseppe BresciaElio Lannutti e Barbara Lezzi. Tra i Pd ci saranno Enza Bruno BossioChiara GribaudoGiuditta Pini.

“In un momento di fragilità economica come quello che stiamo attraversando non possiamo permetterci di ignorare i benefici che la legalizzazione porterebbe al nostro Paese”, ha commentato Antonella Soldo, coordinatrice di Meglio Legale.

“Ci sono in Italia sei milioni di consumatori di cannabis costretti a rivolgersi alla criminalità. La legalizzazione significherebbe bruciare gli affari alle mafie”, sostiene Riccardo Magi, di +Europa.

Una ricerca dell’Università La Sapienza stima in 350mila i posti di lavoro che si potrebbero creare grazie alla legalizzazione.Il docente del Dipartimento di scienze sociali ed economiche dell’Università La Sapienza di Roma, Marco Rossi, ha calcolato che se il mercato della cannabis fosse regolamentato come quello dei tabacchi gli scambi potrebbe emergere e consentire così d’incassare all’erario circa 3 miliardi di euro solo dalle tasse sulle vendite. Lo Stato inoltre risparmierebbe circa 600 milioni spesi ogni anno da polizia, magistratura, e sistema carcerario per contrastare la vendita delle droghe. Secondo Rossi i circa 350mila nuovi addetti si avrebbero sia nei servizi di vendita, sia nella coltivazione.

La marijuana è legale in 11 Stati americani: Washington, Colorado, California, Nevada, Massachusetts, Vermont, Alaska, Maine, Illinois, Oregon e Michigan. Entro il 2025 si prevedono entrate pari a 106 miliardi di dollari e la creazione di un milione di posti lavoro, sostiene una nota di MeglioLegale.

Francia e Cannabis, un approccio conservativo

Francia e Cannabis, un approccio conservativo

Sì alla coltivazione industriale, no all’uso personale

Le leggi francesi sono estremamente conservatrici quando si tratta dell’uso e del possesso di Cannabis.
Nonostante la Francia produca notevoli quantità di Cannabis a livello industriale, il possesso e il consumo di questa pianta sono fortemente penalizzate.
La Francia è anche uno dei Paesi dell’UE che non ha ancora implementato un programma relativo alla Cannabis Medica.

Coltivazione e possesso

Sebbene l’industria della produzione di canapa in Francia sia molto ben sviluppata, coltivare piante di Cannabis rimane illegale per i cittadini nel Paese.
Le sanzioni per chi dovesse essere sorpreso sono molto severe e possono arrivare fino 20 anni di reclusione o una multa fino a € 7,5 milioni.

La legge non fa eccezioni al riguardo. Anche se l’individuo dovesse coltivare una sola pianta per scopi personali e medicinali, andrebbe comunque incontro ad una sanzione. Tuttavia, in realtà, pochissimi coltivatori di Cannabis hanno ricevuto la pena massima. Coloro che ricevono pene detentive elevate sono di solito coloro che sono coinvolti in attività di coltivazione su larga scala.

Molto simile è la situazione riguardo al possesso di Cannabis: la legge francese infatti vieta l’uso o il possesso di Cannabis. Inoltre non fa alcuna distinzione tra possesso per uso personale o destinato alla vendita.
I trasgressori ricevono trattamenti diversi solamente sulla base della quantità di Cannabis di cui vengono trovati in possesso e alle circostanze in cui questa è stata rinvenuta.

Dal 2018 sono stati introdotti nuovi regolamenti, che permettono alle forze dell’ordine di assegnare una multa in loco per chi dovesse essere sorpreso in possesso di Cannabis.
Questo nuovo regolamento è stato da molti interpretato come una prima apertura verso la Cannabis.
Tuttavia, il ministro degli Interni Gerard Collomb ha sottolineato che la nuova politica non depenalizza l’uso della Cannabis e che ricevere una sanzione non garantisce che non vengano intraprese ulteriori azioni legali.

La difficile vita delle Infiorescenze di CBD

Nel novembre 2017, il Ministro della salute ha annunciato che la presenza di CBD nei prodotti per il consumo era autorizzata, a condizione che non superassero il tenore massimo dello 0,2% di tetraidrocannabinolo (THC).

Questo ha portato all’apertura di un grandissimo numero di “CBD cafés”, che sono però stati chiusi in poco tempo, a causa dell’emanazione di un divieto alla vendita di Infiorescenze di CBD.

La ragione di queste repentine chiusure fu che Agnès Buzyn, il ministro della sanità francese, era dell’opinione che i negozi rappresentassero una minaccia per la salute pubblica perché incoraggiavano l’uso di droghe. Spiegò inoltre che l’esistenza dei “CBD cafés” era legata ad una scappatoia legale che aveva promesso di chiudere, aggiungendo che il governo avrebbe trovato il modo di farli fallire nel giro di poche settimane.
Di conseguenza, i CBD cafés furono chiusi in poche settimane.

Licatini (M5S): Interrogazione per la legalizzazione della cannabis

Licatini (M5S): Interrogazione per la legalizzazione della cannabis

“Ho da sempre sostenuto che la legalizzazione della cannabis rappresenti una scelta di buon senso. Non lo è, invece, continuare ad alimentare pregiudizi e confusione che ne compromettono i molteplici usi in ambito medico e industriale. Questi preconcetti hanno solo contribuito a favorire i contesti illeciti a discapito di un mercato legale che, invece, va preservato e incentivato. Per tutti questi motivi, ho presentato una interrogazione sulla necessità di garantire l’uso terapeutico della cannabis nella cura del dolore associato a diversi stati morbosi, aumentandone la produzione e modificandone l’attuale sistema autorizzatorio”, dichiara la deputata bagherese Caterina Licatini (M5S), che interviene così in un dibattito molto complesso che si è sviluppato in Italia negli ultimi anni.

“Da farmacista ho toccato con mano questa realtà, quando per la prima volta ho dispensato la cannabis e ritengo necessario continuare questo percorso. E’ fondamentale – prosegue l’on. Licatini – avere quanto prima dei riferimenti normativi in linea con quanto recentemente stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che hanno dichiarato la liceità della coltivazione domestica della cannabis per uso personale. Per questo ho deciso di aderire alla campagna di sensibilizzazione #IoColtivo, piantando così un seme di cannabis in favore di una pratica legittima e non più perseguibile legalmente. Far crescere questa pianta è un invito ad affrontare la questione in modo concreto”.

È il momento di regolarizzare la cannabis

È il momento di regolarizzare la cannabis

I tabaccai sono rimasti aperti per non mettere in crisi i tabagisti. Ma l’epidemia ha dimostrato che serve un nuovo approccio alle sostanze psicotrope meno dannose.

 

La regolamentazione legale della cannabis può contribuire a dare un futuro all’Italia in questo tragico momento». Con questo appello il 20 aprile scorso sono stati convocati i primi stati generali della cannabis – rigorosamente online – per tornare a proporre all’Italia un’opportunità di giustizia sociale ed economica, oltre che di libertà di scelta.

Qualche settimana fa l’Economist aveva sorriso notando che in Italia e in Spagna, due tra i paesi maggiormente colpiti dal Coronavirus, il lockdown non aveva imposto la chiusura dei tabaccai. È ampiamente dimostrato che fumare tabacco sia un’abitudine nociva alla salute, e per questo scoraggiata da una serie di leggi e regole internazionali che ne sconsigliano il consumo, vietandone la pubblicità e la vendita ai minorenni. In quasi tutti i paesi del mondo i pacchetti di sigarette, tabacco o sigari presentano messaggi intimidatori circa la mortalità causata dal fumare – e indubbiamente fumare non fa bene alla salute, anzi! Malgrado tutto ciò, però, oltre un miliardo di persone nel mondo continuano a fumare e le stime internazionali ritengono che quasi 900 mila persone muoiano annualmente per patologie causate o connesse col fumo.

Ma allora, se è così pericoloso e così sconsigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, perché è stato deciso di far restare aperti tabaccai in un momento di grave crisi sanitaria? La risposta è semplice: perché incidere sullo stress creando (anche) l’astinenza dal fumo sarebbe stato un ulteriore appesantimento delle quarantene. Ma le astinenze non si fermano alla nicotina, interessano tante altre sostanze, legali e non, che di questi tempi, se consumate consapevolmente, potrebbero accompagnare il distanziamento sociale.

È notorio che la cannabis non ha mai ucciso nessuno in nessuna parte del mondo, anzi la crescente letteratura scientifica a favore del suo impiego terapeutico ha portato l’Oms a raccomandarne la riclassificazione all’interno del sistema internazionale di controllo delle sostanze psicotrope. Riclassificazione che l’Italia ha già effettuato da quando la produce presso lo Stabilimento farmaceutico militare di Firenze per cercare di soddisfare la domanda di prodotti cannabinoindi prescritti dai medici italiani.

E allora perché nel momento in cui si consente il proseguimento di un’abitudine molto rischiosa come il fumo del tabacco non si sono allentate le proibizioni relative, se non altro, alla produzione domestica di cannabis per accompagnare il lockdown con l’assunzione di principi attivi che possono rilassare in situazioni di stress dovuto alla monotonia quotidiana o alla grande incertezza per il futuro? Si tratterebbe di una misura di “buon senso” da far trapelare – tra l’altro in parte già suggerita recentemente dalla Corte di Cassazione – che un domani, “quando tutto questo sarà finito”, potrebbe evolversi in una misura di buon governo che ci potrebbe condurre alla regolamentazione legale della produzione, consumo e commercio di una pianta dalla straordinaria penetrazione in tutti gli strati sociali e dalle numerose applicazioni terapeutiche.

In attesa che il Parlamento discuta di legalizzazione della cannabis, partendo dalla proposta di legge “Legalizziamo.it” presentata nel 2016 alla Camera, il 20 aprile è partita la mobilitazione #IoColtivo di MeglioLegale.it, DolceVita.it Associazione Luca Coscioni e Radicali Italiani per far crescere una piantina in casa e la speranza riformatrice nel palazzo.

In viaggio con 150 kg di cannabis, test per sapere se è “light”

In viaggio con 150 kg di cannabis, test per sapere se è “light”

Il sequestro risale a qualche settimana fa quando due 25enni sono stati fermati vicino alla frontiera di Ponte Tresa. Ora un’azienda specializzata dovrà testare la presenza di THC

 

È stato eseguito a Ponte Tresa, il campionamento su un quintale e mezzo di cannabis sequestrata alla frontiera.

Il sequestro era avvenuto alcune settimane fa da parte dei Carabinieri della stazione di Ponte Tresa che, nel corso dei servizi di controllo sulla circolazione stradale, in prossimità del valico con la Svizzera, avevano intimato l’alt ad un mezzo commerciale con a bordo due 25enne residenti a Milano.

I giovani trasportavano 150 kg di cannabis suddivisa in sacchi nei coi contenuti ve erano le infiorescenze notoriamente note di principio attivo. “Stante la difficoltà nel distinguere se si tratta effettivamente di Marijuana oppure la cosiddetta canapa light -spiegano i Carabinieri- i militari hanno proceduto al sequestro, fermo restando che, anche nel caso di sostanza la cui coltivazione è stata considerata lecita, per essere trasportata ha bisogno di idonee certificazioni. Soprattutto se viene fatto fare l’ingresso in Italia da un paese straniero”.

Attualmente i Carabinieri hanno provveduto ad eseguire i campionamenti da parte del personale specializzato a cui è stata affidata, allo scopo di individuare la percentuale di principio attivo. È necessario infatti, che la canapa sativa mantenga una percentuale di THC inferiore allo 0.5 % per considerarsi canapa light. Altrimenti diventa sostanza stupefacente a tutti gli effetti.

Usi dei semi di cannabis dopo il sì della Cassazione

Usi dei semi di cannabis dopo il sì della Cassazione

 

Quando si parla di semi di cannabis occorre innanzitutto fare delle distinzioni, per poter poi comprendere appieno i regimi normativi e gli orientamenti giurisprudenziali che si applicano a ogni categoria individuata. In primo luogo, semi di marijuana e di canapa sono due tipi diversi: se in entrambi i casi i semi contengono al loro interno solo CBD o cannabidiolo, quelli di canapa danno vita a piante con un tasso ridotto di THC (sigla che sta per tetraidrocannabinolo), mentre si possono acquistare online tra i migliori semi di cannabis del primo tipo, quelli da cui si sviluppano piante con contenuto di THC.

Dal momento in cui le due le varietà di semi sono ricchi, insieme a importanti nutrienti come proteine, sali minerali e acidi grassi polinsaturi, di CBD, il loro commercio è permesso senza limitazioni per utilizzo a fini alimentari.

Premesso quindi che la compravendita di semi di cannabis è legale in ogni caso, la successiva distinzione riguarda l’uso che viene fatto delle sementi. Come abbiamo visto quei tipi che rispettano il tetto massimo di tetraidrocannabinolo imposto dal legislatore possono arricchire la nostra dieta, ma gli altri?

Semi con THC

Gli altri possono, a determinate condizioni, essere piantati per la coltivazione di piante di cannabis. Questa possibilità è stata accordata dapprima dal Regolamento 2013/1307/UE per i casi in cui la coltivazione sia a uso industriale e che le infiorescenze delle piante di cannabis della coltura abbiano un livello di THC non superiore a 0,2%. Il Regolamento dell’anno successivo (2014/639/UE) ha integrato la disciplina introducendo un elenco delle specie di piante ammesse per tale pratica. Il legislatore italiano ha recepito e ampliato tali indicazioni, in quanto ha stabilito una soglia di tollerabilità per la coltivazione a uso industriale delle piante di marijuana, la cui concentrazione di THC nei fiori non superi lo 0,6%.

Come si può notare, era rimasto una grande lacuna legislativa: nessuna indicazione era fornita in relazione alla coltivazione a uso domestico di piante di cannabis, con riguardo a qualsiasi concentrazione di tetraidrocannabinolo. La questione è stata dunque affrontata dalla giurisprudenza di Cassazione, la quale, investita della questione, ha in prima battuta vietato in maniera tassativa la suddetta pratica. La ragione alla base del divieto risiedeva nel fatto che permettendo la coltivazione, poteva esserci il rischio che il breeder utilizzasse il raccolto per la vendita di sostanze stupefacenti, integrando il reato di spaccio e, di conseguenze, ledendo il diritto alla salute e la sicurezza pubblica.

La Corte di Cassazione e la coltivazione ad uso personale

Una visione siffatta, però, andava a ricomprendere anche quei casi in cui, da indizi evidenti, era chiaro che la coltivazione era indirizzata ad un uso meramente privato. Per questo motivo, con sentenza del 19 dicembre 2019, la Cassazione si è pronunciata in maniera parzialmente difforme, in quanto ha riconosciuto la liceità della condotta del coltivatore di piante di cannabis, quando da determinati elementi (esplicitati dalla stessa Corte) risulti chiaro che il soggetto non utilizzerà le infiorescenze per la vendita a terzi. L’assoluta novità sta quindi nel fatto che non si punisce il breeder per la coltivazione in sé e per sé, ma solo nel caso in cui si dimostri che il raccolto sia poi stato effettivamente utilizzato (o intenda essere utilizzato) per la vendita e l’arricchimento personale.

Questa decisione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite si inserisce in maniera più armonica nel quadro normativo italiano, in quanto il nostro Testo Unico in materia di sostanze stupefacenti già prevede una disciplina di favore per chi detiene cannabis in quantità che facciano presumere un utilizzo personale della sostanza. Inoltre, apre a uno scenario inedito rispetto al generale e tradizionale atteggiamento dei governi italiani in materia di marijuana, ritenendo lecita la condotta del breeder che rivolga la sua attività solamente a un utilizzo privato.

Gli indizi che lasciano presumere l’uso personale riguardano innanzitutto la quantità di piante e quindi del raccolto che da esse si possa ottenere: minime quantità, infatti, non sembrano poter permettere al breeder di vedere il prodotto del suo lavoro; allo stesso modo rileva l’attrezzatura e l’organizzazione della coltivazione, poiché la Corte invita a distinguere i casi in cui vengano strumenti semplici, e di natura chiaramente non professionale nonché metodi domestici, da un’organizzazione e da mezzi molto più avanzati. Tuttavia, come elemento di chiusura, riconosce la colpevolezza del coltivatore se, nonostante all’apparenza la coltivazione domestica sembri rivolta a un uso personale, altri indizi dimostrino chiaramente che, in realtà, il fine sia differente. Questa circostanza, però, dovrà essere provata dall’accusa, in quanto in mancanza di fatti certi che indichino il contrario, la condotta del breeder sarà da considerarsi lecita.

Semi di cannabis: istruzioni per l’uso

Da quanto detto sopra si capisce che molti sono gli utilizzi dei semi di cannabis, a seconda della loro natura e della quantità di THC delle piante che da essi germogliano.

I semi di marijuana vengono venduti su molti siti online, tra i quali c’è anche Sensoryseeds.it e possono essere utilizzati come semi da collezione, per la conservazione della genetica della pianta. Si prospetta però un’apertura verso la possibilità della coltivazione domestica a uso personale a seguito della citata sentenza della Corte di Cassazione. Sarà probabilmente necessario attendere la risposta legislativa per sciogliere ogni dubbio al riguardo.

Diverso è il discorso per quei semi che sì danno vita a piante che contengono THC, ma in misura ridotta. In Italia quelli con concentrazione di tetraidrocannabidiolo non superiore a 0,6% sono utilizzati per la coltivazione ad uso industriale, mentre con il limite dello 0,2% largo uso viene fatto dei semi di canapa a fini alimentari.

Non si può nascondere un certo compiacimento per la pronuncia dei giudici, che hanno fatto cadere il tabù che aleggia da decenni intorno alla marijuana, in ragione del fatto che un numero sempre maggiore di studi ha riconosciuto le proprietà benefiche di certe sostanze contenute nelle infiorescenze e anche perché il commercio di cannabis legale sta acquisendo un’importanza non più trascurabile per l’economia del nostro paese. C’è da sperare allora che questa sentenza sia solo la prima apertura delle tante che seguiranno.