da Redazione | 30 Dicembre, 2019 | Italia, Normative, Notizie
Antonio Tajani, forzista, già presidente del Parlamento europeo scrive su Twitter che “tutti coloro che fanno uso di droghe pesanti hanno iniziato facendosi una canna”. Nel mirino, naturalmente, la recente sentenza della Cassazione a sezioni unite che ha decretato legittima, a certe condizioni, la coltivazione di qualche piantina di marijuana in casa. La tesi del centrodestra è sempre la stessa: si inizia con lo spinello e si arriva alla cocaina e all’eroina. La pietra scagliata nello stagno da Tajani ha sollevato una marea di commenti e di riflessioni. Non ultima quella del professore Roberto Burioni, notissimo alle cronache per la sua battaglia contro i no vax.
Questa volta Burioni sceglie l’arma dell’ironia e replica a Tajani: “Tutti quelli che hanno infilzato il cognato con un serramanico hanno iniziato tagliando il filetto con un coltello da cucina. Cosa ne pensate della sentenza della Cassazione sulla libera vendita dei coltelli da cucina? Tajani controreplica: “Caro Professore, mi spiace che lei ironizzi su una verità incontrovertibile. È mai stato in una comunità di recupero per tossicodipendenti? Tutti le direbbero quello che ho detto io”.
Ma ormai la disputa è uscita dal suo contesto socio-politico. Gli utenti di Twitter si scatenano infatti a chi, seguendo Burioni, trova la connessione logica fra un fatto e le sue conseguenze. “Tutti quelli che sono dipendenti dal gioco hanno iniziato con la tombola. Voi che ne pensate sulla sentenza della Cassazione sulla libera vendita delle cartelle e del tombolone?, si scrive. O ancora: “Tutti gli alcolizzati hanno cominciato a bere latte da piccoli, sarà un caso?”. E ancora la sottile ironia di una signora che scrive: “Io ho iniziato a 12 anni con un bacio…”.
Qualcuno cerca di fare rientrare la vita e la politica. Ma non riescono a fare breccia. E si torna a fare paragoni: “Tutti gli alcolisti hanno iniziato facendosi un bicchierino di vino. Lei cosa ne pensa della libera vendita degli alcolici”. Altre ironie: “Hai ragione. Mio cugino ha incominciato da piccolo suonando ai citofoni, adesso è Testimone di Geova”. E “credo che moltissimi criminali abbiano fatto le scuole dell’obbligo. Io le abolire, almeno le elementari… le più subdole”.
da Redazione | 27 Dicembre, 2019 | Notizie, Italia, Normative
Non si fanno attendere le reazioni alla sentenza della Cassazione secondo cui non costituirà più reato coltivare in minime quantità la cannabis in casa. Una pronuncia epocale quella delle sezioni unite penali, secondo molti osservatori. La sentenza arrivata il 19 dicembre ha deliberato per la prima volta che “non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica”. Mantero, M5S: “Sentenza storica. Ora il legislatore si svegli” Scrive su Facebook il senatore M5s, Matteo Mantero: “Ancora una volta la giurisprudenza fa le veci di un legislatore vigliacco. Oggi si mette fine alla stortura tutta italiana di una legge che consegnava il mercato monopolista delle droghe leggere nelle mani della mafia. Fino a questa storica sentenza comprare Cannabis dallo spacciatore, alimentando la criminalita’ e mettendo a rischio la propria salute con prodotti dubbi, non costituiva reato penale mentre coltivare alcune piante sul proprio balcone per uso personale, senza arrecare danno a nessuno, poteva costare il carcere. Adesso e’ arrivato il momento che il legislatore si svegli, la smetta di sottrarsi al proprio dovete e si decida ad affrontare questi temi “scivolosi” o “divisivi” ,qualsiasi cosa vogliano dire questi aggettivi. La cassazione ha aperto la strada, ora tocca a noi. La mia proposta per regolamentare l’auto produzione e’ gia’ depositata da inizio legislatura, puo’ essere un punto di partenza. Diamoci da fare”. Gasparri, FI: “Da Cassazione sentenze diverse” “Leggeremo con attenzione la sentenza della Cassazione in materia di coltivazione della cannabis nelle abitazioni. La stessa Cassazione aveva recentemente emesso sentenze ben diverse, che hanno stroncato il commercio della cosiddetta cannabis light. Quindi bisognera’ capire bene cosa e’ stato scritto. La Cassazione talvolta prende buone decisioni, talvolta si e’ resa protagonista con suoi esponenti delle inquietanti vicende del Csm, al punto che un suo insigne esponente si e’ dovuto collocare in pensione anticipatamente. Anche la Cassazione, quindi, va sottoposta a opportuni controlli. Abito nel quartiere, provvedero’ personalmente al piu’ presto”. Lo dichiara il senatore di Fi, Maurizio Gasparri. Fratoianni, LeU: “Scelta di buon senso” “Quella delle Sezioni unite della Corte di Cassazione e’ una scelta di giustizia ed e’ sopratutto una scelta di buon senso”. Lo afferma Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu, commentando la sentenza della Suprema Corte per cui non e’ reato la coltivazione domestica di piccole quantita’ di cannabis. “Lo Stato deve colpire al cuore gli affari delle mafie – prosegue e non limitarsi a colpire milioni di consumatori di cannabis, impegnando inutilmente le forze dell’ordine. La verita’ e’ che prima o poi in Italia bisognera’ legalizzare l’uso della cannabis. Ce lo dice l’esperienza di quei Paesi che lo hanno fatto in questi anni, ce lo dice la cattiva esperienza di chi continua ad agitare argomenti inutili e pericolosi. E nei prossimi mesi – conclude Fratoianni – questo Parlamento potrebbe trovare, e me lo auguro davvero, una via d’uscita legislativa seria e ragionevole”. Della Vedova: “Si rompe un tabù” “La svolta positiva della Cassazione sulla liceita’ della coltivazione domestica della cannabis e’ piena di ragionevolezza. Si rompe un tabu’. Ora andiamo avanti: con cannabis legale avremmo piu’ sicurezza e miliardi per lo Stato sottratti alla criminalita’”. Lo scrive su Twitter il segretario di Piu’ Europa, Benedetto Della Vedova. Magi: “Superare normativa illogica e sbagliata” “Una buona notizia natalizia quella della sentenza delle sezioni unite penali della Cassazione che ha stabilito in materia di cannabis che “non costituiscono reato le attivita’ di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica”. La cassazione ha fatto valere il buon senso e la logica con l’equiparazione della coltivazione per uso personale al consumo, ora tocca al Parlamento, dove sono depositate diverse proposte che vanno decisamente in questa direzione -tra cui la legge di iniziativa popolare Legalizziamo promossa da Radicali italiani e Associazione Coscioni e una proposta di iniziativa parlamentare recentemente depositata con firme di deputati di diversi gruppi – , superare una normativa illogica e sbagliata”, così in una nota il deputato di Radicali +Europa Riccardo Magi.
Fonte: rainews.it
da Redazione | 23 Dicembre, 2019 | Notizie, Cultura, Mondo, Normative
Un dibattito continuo e vivace in Italia sia a livello politico che sociale. Una discussione lunga e complessa sotto l’occhio severo del Vaticano. Una decisione difficile da prendere.
L’Uruguay invece, tre anni fa, ha fatto una scelta molto innovativa. Non solo ha legalizzato l’uso della Cannabis ma ha messo sotto controllo dello Stato la produzione della droga. Una decisione complessa e ritenuta da molti rischiosa, soprattutto per quello che avrebbe potuto provocare sui giovani. Invece i risultati dopo un quadriennio sembrano dare ragione alla scelta.
Secondo i dati dell’Istituto per la Regolamentazione e il Controllo della Cannabis attualmente ci sono circa 40000 persone che hanno diritto all’acquisto della droga in farmacia, quasi 8000 sono i coltivatori autorizzati e oltre 4000 persone appartengono ai club della Cannabis.
E dopo quattro anni quali sono stati i risultati di questa decisione così coraggiosa?
Il Governo uruguagio, attraverso la Giunta Nazionale della Droga che ha monitorato il trend sul consumo, ha dichiarato che si è avuta una forte riduzione del traffico illegale.
Secondo lo studio , in quattro anni, i consumatori di droga hanno dichiarato di essersi serviti, grazie alla nuova legge, dei narcotrafficanti cinque volte meno di quanto erano soliti fare prima.
E’ interessante vedere come nel 2014, prima della nuova legge, il 58% dei consumatori abituali acquistava la droga illegalmente.
Nel 2018 invece solo il 18%. Praticamente un consumatore abituale di droga su tre ha cambiato le proprie abitudini rivolgendosi alle farmacie, ai produttori autorizzati o ai club regolamentati per legge.
Secondo uno dei consulenti dell’Istituto sul Controllo della Droga, lo psicologo Marcos Baudean i numeri danno ragione ad una scelta governativa così innovativa e coraggiosa.
Fra gli risultati, in positivo, si è potuto notare che il consumo tra gli adolescenti non è aumentato. Sembra essere stato bloccato un trend crescente degli anni precedenti alla legge. Trend che sembrava inarrestabile.
Ma la guerra contro il narcotrafficante sembra però non essere affatto vinta.
Infatti secondo alcuni dati della Polizia il traffico illegale di droga continua inalterato in Uruguay.
La Direzione Generale per la Repressione al traffico illecito di Droga ha confermato che nel 2018 sono state oltre due le tonnellate di droga ( rispetto ai 1,9% del 2017) trafficata illegalmente nel Paese.
Una contraddizione spiegata dal fatto che i dati della Polizia comprendono tutto il vasto universo delle droghe e non solo la Cannabis.
Una guerra che, nonostante i progressi fatti legalizzando la Cannabis, sembra purtroppo essere quasi impossibile da vincere.
Fonte: affaritaliani.it
da Redazione | 21 Dicembre, 2019 | Notizie, Cultura, Mondo
Studio dopo studio viene dimostrato che la cannabis funziona come un trattamento efficace per il dolore cronico. Molti pazienti, grazie alla cannabis, sostengono di aver ridotto in modo significativo, se non del tutto, le loro prescrizioni di oppiacei con l’erba.
Ma la legalizzazione può combattere l’epidemia di oppioidi dilagante? E se così fosse, la legalizzazione ricreativa o medica avrebbe maggiore impatto sulla riduzione dei tassi di consumo di oppioidi?
C’è una risposta a queste domande. Secondo un nuovo studio, le leggi sulla marijuana ricreativa riducono l’uso di oppiacei più delle leggi sulla cannabis terapeutica.
Lo studio, condotto dall’assistente professore di giurisprudenza dell’Università dell’Alabama Benjamin McMichael e pubblicato sul Journal of Health Economics,ha scoperto che la legalizzazione di marijuana ricreativa e medica sono fortemente correlati alla riduzione dell’uso di oppioidi, e che quella ricreativa portano a maggiori riduzioni dell’uso di oppiacei poiché è più facile accedere all’erba ricreativa. In genere si ha meno accesso alla cannabis negli Stati Usa che consentono solo la marijuana medica.
“I risultati di questo studio suggeriscono che approvare le leggi sull’accesso alla cannabis riduce l’uso di oppioidi da prescrizione”, hanno concluso gli autori dello studio. “Mentre la cannabis può essere una droga che incoraggia l’uso di oppioidi in alcuni pazienti, a conti fatti, in generale, sia le leggi sull’accesso alla cannabis ricreativa che medica riducono l’uso di oppioidi.”
Come sono arrivati a questa conclusione gli autori dello studio? Innanzitutto, hanno misurato tutte le variabili rispetto all’equivalenza di un milligrammo di morfina o MME. Non tutti gli oppioidi sono creati uguali, alcuni sono relativamente deboli (ad es. Tramadolo) e altri possiedono potenze più forti della morfina (ad es. Fentanil). In altre parole, il MME sostanzialmente consente ai ricercatori di raggruppare tutte le vendite di farmaci oppioidi in un unico valore relativo.
Successivamente, gli autori hanno esaminato i dati sulle vendite di prescrizioni in tutti gli Stati degli Usa dal 2011 al 2018. I dati, che includevano 1,5 miliardi di vendite di prescrizioni individuali tra 10 milioni di singoli pazienti, rappresentavano il 90 percento di tutte le vendite di prescrizioni negli Stati Uniti. I ricercatori hanno quindi confrontato i dati sulle vendite di droga in ciascuno Stato con le leggi specifiche sulla cannabis di quello Stato.
Ecco cosa gli autori hanno scoperto. La legalizzazione della cannabis terapeutica riduce in media il volume delle prescrizioni di oppiacei del 4,2 percento. Nel frattempo, la legalizzazione della cannabis ricreativa riduce la prescrizione di oppiacei dell’11,8 percento, che è quasi tre volte più efficace della legalizzazione medica.
Uno sguardo più attento alle specialità mediche, ha mostrato che i primi cinque campi per la prescrizione della maggior parte degli oppioidi – chirurgia orale e maxillo-facciale, chirurgia ortopedica, medicina del dolore, medicina fisica e riabilitazione e medicina dello sport – hanno visto le maggiori riduzioni delle prescrizioni di oppioidi dopo che sono state approvate le riforme della cannabis. Quando sono state approvate le leggi sulla cannabis terapeutica, questi primi cinque campi hanno ridotto le loro prescrizioni di oppioidi del 6,9 per cento. Ma quando sono state approvate le leggi ricreative, questi campi hanno subito una notevole riduzione del 28,3 per cento delle prescrizioni di oppiacei.
Quest’ultimo studio fornisce ancora più prove per essere favorevoli alla cannabis, supportando l’idea che legalizzare l’erba riduce l’uso di oppioidi su tutta la linea.
Tuttavia, è bene ricordare uno studio pubblicato a giugno che affermava il contrario. Quello studio, condotto da Chelsea Shover alla Stanford University, ha sostenuto che la legalizzazione della marijuana non ha avuto alcun effetto sulla morte per overdose da oppiacei negli Stati con leggi tolleranti sulla cannabis. Ovviamente, i media hanno evidenziato la conclusione di questo studio e ci hanno marciato sopra, pubblicando titoli come “La marijuana medica non è più legata a un minor numero di decessi da oppiacei”, nonostante gli studi precedenti avessero raggiunto conclusioni diverse.
Quindi, cosa significa? I ricercatori di Stanford avevano ragione, e quelli come noi sostenitori della cannabis siamo stati ipnotizzati? Oppure gli studi sulla legalizzazione, che ora includono quelli di McMichael, stanno dipingendo un quadro manipolato?
“Non direi che il nostro studio confuta o supporta direttamente lo studio di Shover perché stiamo analizzando risultati diversi”, ha scritto McMichael a MERRY JANE in una e-mail. Lo studio di Stanford si è concentrato “sulle morti legate agli oppioidi, mentre esaminiamo le prescrizioni di oppioidi. Indirettamente, tuttavia, i nostri risultati non sono del tutto coerenti con quelli di Shover”.
McMichael ha osservato che lo studio di Stanford ha valutato solo gli effetti della legalizzazione della cannabis medica sulle morti per oppioidi a livello statale. Lo studio di McMichael, d’altra parte, ha esaminato i volumi di prescrizione di oppiacei a livello di singolo paziente, che ha fornito “un quadro più dettagliato della relazione tra le leggi sull’accesso alla cannabis e le prescrizioni di oppiacei rispetto a se avessimo usato dati a livello statale (o addirittura di contea).”
Indipendentemente dalle loro diverse metodologie e conclusioni, McMichael ha affermato che lo studio di Stanford fornisce argomenti positivi alla discussione sulla legalizzazione della cannabis. “Anche se credo che il nostro studio fornisca un quadro più sfumato dell’effetto delle leggi sull’accesso alla cannabis sulle prescrizioni di oppioidi rispetto allo studio di Shover per le morti legate agli oppioidi”. “Sono d’accordo con loro sul fatto che sono necessarie ulteriori ricerche … La letteratura esistente fino ad oggi giustifica l’investimento di risorse significative per rispondere a domande sull’uso medico della cannabis con maggior sicurezza”.
Fonte: droghe.aduc.it
da Redazione | 20 Dicembre, 2019 | Notizie, Italia
In settimana si è molto discusso per la decisione della Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia), di dichiarare inammissibile un sub-emendamento alla Legge di Bilancio riguardante la “cannabis light”. La decisione è avvenuta tra gli applausi dell’opposizione: Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Matteo Salvini l’ha bollata come “una vergognosa norma sulla coltivazione e la distribuzione di droga di Stato”, arrivando persino ad esclamare: “No allo Stato spacciatore!”.
L’emendamento aveva il solo scopo di sanare alcuni difetti di precedenti leggi, che avevano portato alla vertiginosa espansione del commercio della cannabis legale, ovvero quella con una percentuale di tetraidrocannabinolo (Thc) al di sotto allo 0,5%. La norma presentata dai 5 Stelle era divenuta necessaria, a seguito di una sentenza della Cassazione del 10 luglio di quest’anno: non essendoci secondo legge un limite di Thc per lo specifico prodotto venduto nei negozi (comunque legale, e tale resterà), aveva stabilito che spettava al giudice verificarne ogni volta “l’efficacia drogante”.
Insomma, nessuno “Stato spacciatore”. Anche perché, con una concentrazione di Thc inferiore allo 0,5%, questo tipo di canapa ha l’effetto di due camomille (ma forse qualcuno riesce a sballare con la camomilla). La marijuana illegale, infatti, presenta Thc in quantità 40 volte superiori rispetto a quanto si vende nei “coffee shop” italiani.
Quello andato in scena nel nostro parlamento è l’ennesimo episodio di propaganda, basata sui soliti toni urlati e sulla paura (aiuto, i drogati!). La parola ‘politica’ deriva dalle parole greche tékhne, ‘arte di governare’, e polítes, ‘cittadino’, ma da noi è ormai intensa unicamente come “eterna campagna elettorale”. Nessuno pensa a governare, nessuno pensa al bene dei cittadini. Se si potesse vivere di sondaggi, però, saremmo la nazione più ricca del pianeta.
Fonte: bresciatoday.it
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