da Redazione | 12 Agosto, 2020 | Italia, Normative
Non c’è ancora grande chiarezza in Italia a proposito della coltivazione della cannabis a casa o comunque in un ambiente domestico. Per questo motivo, i semi che si trovano in commercio nei negozi specializzati e sulle piattaforme online sono al momento venduti esclusivamente come semi da collezione. Essi forniscono una vasta gamma di strain e varie tipologie come ad esempio i semi di cannabis femminizzati o autofiorenti.
Le ragioni di questa confusione sull’argomento sono da ricercare sia in un generale stigma della pianta di cannabis, che si è protratta a lungo a partire dal periodo del proibizionismo degli anni ’30, ma soprattutto a causa del fatto che il legislatore italiano, e se è per questo neanche quello europeo, non si è occupato direttamente della questione. La giurisprudenza ha quindi cercato di colmare questa lacuna normativa, ma gli orientamenti della Corte di Cassazione che si sono susseguiti nel tempo sono stati altalenanti e quindi dubbi rimangono sulla possibilità o meno della coltivazione domestica di piante di cannabis.
– I motivi delle incertezze
Andando ad analizzare più nello specifico il primo punto, si sottolinea come la collocazione della marijuana e di tutte le sostanze che la compongono tra le sostanze stupefacenti non aveva permesso di apprezzarne le proprietà. Una volta che questo atteggiamento si è allentato, gli studi hanno mostrato come questa pianta invece potesse avere svariati utilizzi tra cui la bonifica dei terreni, usi terapeutici, la costruzione di biomateriali molto resistenti in ambito edilizio e anche per tessuti; inoltre alcuni semi di canapa e l’olio che se ne può derivare sono utilizzati per uso alimentare, perché si sono dimostrati fonte di numerose proprietà nutritive e benefiche molto importanti.
Di pari passo con queste scoperte scientifiche, sono state emanate delle leggi e direttive su questo tema, che però si sono concentrate prevalentemente sulla coltivazione a uso industriale delle piante di cannabis, per la produzione dei prodotti a base di questa specie vegetale ammessi dagli ordinamenti. In particolare, in Italia sono permesse le colture di marijuana anche senza autorizzazione quando la concentrazione di THC nelle infiorescenze sia minore dello 0,2%. Un regime di tolleranza si ha fino allo 0,6%, per il quale il breeder potrebbe semplicemente essere sottoposto a sanzione amministrativa e non penale.
Come anticipato, niente si dice a proposito della coltivazione domestica. È stata allora la giurisprudenza ad occuparsi della materia: per lungo tempo essa è stata considerata illegale tout court, nel senso che il giudice di Cassazione ha rilevato che, quando l’intento sia la protezione della salute e della sicurezza pubbliche, coltivare marijuana in casa non poteva che essere bandita. Difatti, non vi poteva essere certezza che il breeder non intendesse vendere il raccolto e, quindi, integrare quei reati che vietano lo spaccio. Per evitare questo pericolo, solo il fatto che si avesse in casa un arbusto che corrispondesse a quella specie vegetale comportava delle sanzioni, anche gravi.
Nella sentenza del 4 dicembre del 2019 si legge una cosa molto diversa, con una sentenza in cui i giudici vanno ad elaborare logicamente lo stesso punto di partenza delle precedenti decisioni della Corte (da ultimo del maggio dello stesso anno), cioè la salute pubblica e la sicurezza dei cittadini rispetto alla condotta di coltivazione di cannabis, ma giungendo a un risultato completamente diverso.
Quello che la Cassazione a Sezioni Unite sostanzialmente dice è: se i valori che vogliamo proteggere sono quelli sopra descritti, la condotta di chi fa crescere delle piante di marijuana in casa deve concretamente essere potenzialmente lesiva di questi diritti elevati a inderogabili dalla nostra Costituzione. Per questo nella sentenza si illustrano tutta una serie di criteri che possano far presumere che la coltivazione della pianta sia a mero uso personale, che la Corte considera lecita, salva, ovviamente la prova contraria. In particolare, gli ermellini fanno riferimento al numero esiguo di piante e quindi del prodotto che se ne potrebbe trarre, l’attrezzatura non professionale e simili. A chiusura lascia uno spazio aperto per dimostrare che invece la coltivazione è volta allo spaccio, affermando che tutte queste circostanze sono rilevanti per giudicare positivamente la condotta del breeder che può essere considerata legale, “a meno che da altri indizi non si possa desumere il contrario”.
– Un nuovo mercato?
Dalle recenti aperture sia in materia di uso personale di cannabis che quella giurisprudenziale per la coltivazione della pianta in ambito domestico, si prospetta la possibile apertura di un nuovo mercato. Qualora, infatti, l’orientamento della Corte di Cassazione fosse confermato anche da una legge, che ne regolasse anche le condizioni di liceità, potrebbe essere permessa la vendita di semi non solo ad uso collezionistico, come quelli di SensorySeeds.it, ma anche per la coltivazione per uso personale.
Si tratterebbe di un altro passo verso una legalizzazione almeno parziale, che viene richiesta in quasi tutto il mondo e che, pian piano si sta affermando. Esempi di lotta in questo senso è sicuramente il Canada, che ha combattuto strenuamente per questo diritto con ottimi risultati e, ovviamente, l’Olanda dove questa libertà ha permesso di convogliare i guadagni di un mercato illegale nelle casse dello Stato e degli imprenditori, contribuendo a una maggiore ricchezza complessiva e alla lotta contro pratiche di spaccio illecite. Aspettiamo il verdetto del legislatore italiano.
da Redazione | 11 Agosto, 2020 | Italia, Notizie
L’assessore Lipparini: “Per rispondere alla richiesta di malati e ospedali l’unica soluzione è autorizzare nuovi soggetti pubblici o privati”
di MATTEO PUCCIARELLI
Il Comune di Milano chiederà al ministero della Salute di produrre a livello locale il principio attivo derivante dalla cannabis a scopo terapeutico, e intanto domani alle 18 in piazza San Babila ci sarà anche l’assessore alla Partecipazione Lorenzo Lipparini per la manifestazione “Meglio Legale”, la campagna di iniziativa pubblica per la legalizzazione della cannabis e la decriminalizzazione dell’uso delle altre sostanze.
“La produzione di cannabis a scopo terapeutico in Italia è assolutamente insufficiente” dice Lipparini, lunga e attuale militanza radicale. “Il monopolio sulla produzione è lasciato dal governo allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, unico ad avere l’autorizzazione per produrre farmaci derivanti dalla cannabis. Per rispondere alla richiesta di malati e ospedali, l’unica soluzione è autorizzare nuovi soggetti pubblici o privati. Noi come Comune abbiamo approvato una mozione che chiede di attivarci per trovare partner e approfondire la possibilità di produrre a livello locale il principio attivo”. Almeno sulla carta il dicastero retto da Roberto Speranza (Leu) potrebbe dare ampi spiragli alla proposta.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato più volte come i farmaci contenenti Thc abbiano grandi potenzialità terapeutiche nella cura di varie patologie e nell’alleviamento dei sintomi. In Italia la cannabis può essere prescritta dai medici (compresi i medici di base) già dal 2007 per la cura di malattie come il glaucoma, la Sla, la sclerosi multipla, l’epilessia e non solo. Ma il farmaco è difficile da reperire per via della scarsa formazione del personale sanitario, del complicato iter burocratico legato all’approvvigionamento e del fatto che la produzione nazionale è come detto limitata al solo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Secondo il report Estimated World Requirements of Narcotic Drugs 2020 dell’International Narcotics Control Board, l’Italia ha un fabbisogno di 1950 chili all’anno di cannabis medica. A fronte di tale domanda, sulla base di quanto pubblicato sul sito del Ministero della Salute, il centro di Firenze ne ha distribuiti soltanto 146.
da Redazione | 11 Agosto, 2020 | Italia, Notizie
Negli ultimi mesi, la nostra quotidianità è stata stravolta come mai prima: la pandemia di Coronavirus e il lockdown hanno cambiato le nostre abitudini, facendo emergere nuovi business e, soprattutto, dando smalto a modi di approcciarsi all’acquisto diversi da quello che prevede l’interazione con il negoziante.
Sì, stiamo parlando del boom dell’e-commerce, che ha investito diversi settori e portato numerosi portali a vivere un vero e proprio boom di vendite. Tra questi, rientrano senza dubbio i negozi che vendono cannabis light online. Giusto per dare qualche dato, ricordiamo che diversi e-commerce si sono trovati, da una settimana con l’altra, a gestire diverse centinaia di ordini, passando dalle decine che avevano prima. Quali sono le ragioni di questo boom? Vediamone assieme alcune.
Proprietà rilassanti del CBD
Se e-commerce come Cbdmania.it hanno visto crescere da un giorno con l’altro il loro volume d’affari, le ragioni possono essere ricercate, per esempio, nel forte potere rilassante del CBD, il principio attivo principale della cannabis light. Ricordiamo infatti che, in virtù della Legge 242/2016, la cannabis, per essere commercializzata e consumata, deve avere una percentuale di THC compresa tra lo 0,2 e lo 0,6%.
Il CBD o cannabidiolo può essere consumato in diversi modi. Tra i più popolari rientra senza dubbio l’olio, che si contraddistingue anche per le comodissime modalità di assunzione (parliamo infatti di pratiche confezioni con contagocce). Da non dimenticare è anche l’alternativa dei cristalli, che hanno il pro di poter essere versatili. Possono essere infatti sciolti sulla lingua, ma anche scaldati – attenzione, non troppo – o vaporizzati.
Come già detto, si contraddistingue per proprietà rilassanti che hanno rappresentato un vantaggio per molte persone in un periodo non certo facile come il lockdown.
Maggiore disponibilità di infiorescenze di qualità
Al di là della quarantena, quando si parla di cannabis si inquadra una pianta che, a seguito dell’entrata in vigore della Legge 242/2016 nel gennaio dell’anno successivo, è finita al centro di un vero e proprio business in crescita. Non è un caso che, a più di tre anni dall’inizio di quella che in Italia è stata una vera e propria rivoluzione culturale ed economico, si parli di New Canapa Economy.
Questo ha portato gli e-commerce – ma anche i numerosi growshop presenti per le strade delle nostre città – a investire tantissimo nella qualità dei prodotti. Tale approccio, di base, ha portato all’aumento di disponibilità di prodotti. Tra questi è possibile citare le infiorescenze, caratterizzate da un aroma particolarmente intenso e raffinato e, non caso, apprezzate dai veri intenditori.
Più tempo a disposizione
Tra le ragioni da considerare quando si cercano i motivi del boom della cannabis light online è il caso di elencare anche il maggior tempo a disposizione. Sembra banale, ma con più tempo per via del lavoro fermo o con ritmi diversi e con gli impegni fuori casa messi in secondo piano, tantissime persone hanno trascorso parte delle loro giornate online, esplorando le alternative messe a disposizione dagli e-commerce. In questi frangenti, moltissimi utenti hanno scoperto per la prima volta la cannabis light e, spinti dalla curiosità, hanno deciso di acquistarla.
Da non trascurare è anche l’ottimo lavoro che, fin dall’inizio dell’emergenza, gli e-commerce hanno iniziato a fare. Non appena gli operatori del settore si sono resi conto della situazione, hanno messo a punto delle soluzioni di delivery per recapitare le merci agli utenti. Inoltre, hanno ottimizzato la qualità dei portali, velocizzandoli e rendendoli più fruibili da diversi dispositivi. Concludiamo ricordando il lavoro eccellente fatto sui social, rispondendo a commenti di utenti desiderosi di chiarimenti e informazioni.
da Redazione | 6 Agosto, 2020 | Italia, Notizie
Notizia
4 agosto 2020 13:09
La domanda di marijuana illegalmente trafficata dal Messico continuerà a diminuire man mano che il movimento di legalizzazione si diffonde, afferma
una nuova ricerca del Congresso.
Con un numero crescente di Stati in Usa, oltre al Canada, che consente alle persone di acquistare legalmente cannabis in un mercato regolamentato, le persone sono meno inclini a cercare il prodotto attraverso canali illeciti, ha affermato il Congressional Research Service (CRS).
“Le autorità stanno prendendo atto di un continuo declino della domanda negli Stati Uniti di marijuana messicana perché le droghe” diverse dalla marijuana “probabilmente prevarranno”, ha scritto CRS nel rapporto, che è stato pubblicato la scorsa settimana. “Questo è anche il caso della cannabis legalizzata o della cannabis medica in diversi stati degli Usa e in Canada, riducendo il suo valore nel portafoglio delle organizzazioni criminali messicane”.
Il rapporto nota inoltre che il Messico stesso “sta anche prendendo in considerazione la legalizzazione e la regolamentazione della cannabis” dopo che una sentenza della Corte Suprema ha ritenuto incostituzionale il divieto di possesso e consumo personale nel 2018.
Il documento “Messico: Organized Crime and Drug Traffic Organizations”, esamina le varie tendenze in materia di droga e attività dei cartelli e osserva che le forze dell’ordine messicane hanno sequestrato 91 tonnellate di marijuana e distrutto oltre 2.250 ettari di piante nel 2019, secondo il Dipartimento di Stato.
Rileva inoltre che la diversificazione dei cartelli in altre attività criminali potrebbe essere dovuta agli sforzi statunitensi e messicani in materia di droga o che “costituisce una risposta al mutamento dei modelli di consumo di droghe negli Stati Uniti, come la legalizzazione della marijuana in alcuni Stati (e in Canada) e un vasto aumento della domanda di oppiacei di origine vegetale e sintetica”.
I legislatori messicani che hanno lavorato alla legislazione sulla legalizzazione hanno anche sostenuto che la regolamentazione mitigherà l’influenza delle organizzazioni de trafficanti di droga. È un punto che i sostenitori della riforma hanno costantemente sostenuto, sostenendo che le persone si orienteranno in generale verso fonti legali e regolamentate di cannabis, se disponibili.
La scoperta del rapporto è anche coerente con altri studi precedenti, tra cui uno del Cato Institute nel 2018 che ha determinato che la legalizzazione della cannabis a livello statale “ha notevolmente ridotto il traffico di marijuana”.
“Sulla base dei sequestri delle pattuglie di frontiera, il contrabbando è diminuito del 78% in soli cinque anni”, ha scoperto il think tank. “Poiché la marijuana era la droga primaria introdotta clandestinamente tra i porti di ingresso, dove sono in servizio le pattuglie di frontiera, il valore complessivo dei sequestri dell’agenzia è diminuito del 70%”
Una relazione di fine anno del giudice supremo della Corte suprema John Roberts nel 2019 sembra confermare che la legalizzazione sta avendo un impatto sul traffico di marijuana, rilevando che mentre i procedimenti federali per crimini legati alla droga sono aumentati nel 2019, i casi che coinvolgono cannabis calato di oltre un quarto.
Un altro rappresentante della Sentencing Commission degli Stati Uniti ha mostrato che, per l’anno fiscale 2017, i casi di droga federali nel complesso erano in declino, trainati da un forte calo dei reati per marijuana.
La Camera ha votato la scorsa settimana per approvare un emendamento che impedirebbe al Dipartimento di Giustizia di interferire con le leggi statali sulla legalizzazione della marijuana, anche se resta da capire se il Senato seguirà l’esempio. Nel frattempo, fonti riferiscono a “Marijuana Moment” che c’è l’intenzione di un voto su un disegno di legge sulla legalizzazione della marijuana più ampio il prossimo mese.
(artricolo di Kyle Jaeger, pubblicato su marijuana Moment del 03/08/2020)
da Redazione | 29 Luglio, 2020 | Italia, Normative
Quasi 50 anni dopo che la pressione del governo americano ha costretto il Nepal a mettere fuorilegge la coltivazione e il consumo di cannabis, il paese himalayano sta cercando di tornare indietro per un tornaconto economico che potrebbe anche avere applicazioni medicinali per combattere il COVID-19.
La pandemia si stava già diffondendo a marzo quando l’ex ministro della Gustizia Sher Bahadur Tamang del Partito comunista nepalese (PCN) ha presentato un disegno di legge in Parlamento per ribaltare una legge del 1976 che criminalizzava la coltivazione, la vendita e il consumo di cannabis.
“Il disegno di legge è pensato per il sostegno economico agli agricoltori che dipendono dai raccolti di cannabis”, afferma Tamang. “Finora abbiamo ricevuto una risposta molto positiva dai colleghi deputati e sono sicuro che non ci sarà un solo voto contrario”.
Il disegno di legge di Tamang propone la formazione di un Consiglio per la marijuana di 14 membri presieduto dal segretario del Ministero della Salute che regolerà la coltivazione di cannabis, il suo commercio e la vendita. Le persone di età superiore ai 18 anni, per coltivare cannabis, potranno richiedere una licenza annuale al governo locale o al loro distretto.
La pianta di cannabis indìca cresce spontanea in Nepal, e prospera soprattutto nelle montagne occidentali dove lo stelo, le foglie, la resina e l’olio sono usati a livello domestico per scopi medicinali o anche per essere vendute.
La vendita aperta di marijuana a Kathmandu negli anni ’60 fu ciò che attirò gli hippy in Nepal, e mentre la controcultura e il movimento contro la guerra del Vietnam crescevano, il presidente Richard Nixon la considerava una minaccia alla sicurezza.
“Il nemico pubblico numero uno degli Stati Uniti è l’abuso di droghe”, disse e promise di condurre un “attacco offensivo mondiale contro le fonti di approvvigionamento e gli americani di stanza all’estero, ovunque si trovino nel mondo”.
Kathmandu era diventata un paradiso per i “peaceniks” contro la guerra, i dodge dodger e i veterani del Vietnam. Alcuni documenti sonori della Casa Bianca dei primi anni ’70 del secolo scorso riportano il Segretario di Stato Henry Kissinger che avverte Nixon: “Vengono dal Nepal per manifestare contro di te perché lassù possono ottenere una canna gratuitamente … o almeno è legale.”
La messa al bando della cannabis ha spinto la coltivazione e l’uso di questi importanti raccolti nella clandestinità, nelle mani di criminali organizzati con protezioni di polizia e politica. Gli agricoltori molto poveri del Nepal diventarono ancora più pover e potrebbero persino aver scatenato la rivoluzione maoista degli anni successivi.
Gli attivisti a Kathmandu ora non vedono alcun motivo per cui il Nepal dovrebbe mantenere il divieto quando gli americani che costrinsero il Nepal hanno legalizzato in 25 stati per scopi medici e commerciali.
La pandemia COVID-19 ha aggiunto un altro motivo per revocare il divieto. Uno studio canadese condotto ad aprile ha stabilito che le sostanze chimiche presenti nella pianta di Cannabis sativa potrebbero impedire a SARS-CoV-2 di entrare nel corpo di una persona.
I ricercatori dell’Università del Nebraska e del Texas Biomedical Research Institute hanno anche pubblicato un documento che descrive in dettaglio le proprietà antinfiammatorie dei componenti chimici nella pianta di cannabis che potrebbero essere utili nel trattamento dell’infiammazione polmonare nei pazienti COVID-19.
In Israele, sono in corso studi clinici per utilizzare il cannabidiolo derivato dalla cannabis (CBD, il componente non psicoattivo nella pianta) per curare l’infiammazione nei pazienti COVID-19. Una start-up israeliana recentemente ha affermato che la cannabis potrebbe migliorare la terapia steroidea nei pazienti autoimmuni COVID-19.
“La cannabis ha un effetto rinfrescante ed è stata utilizzata nella medicina tradizionale per ridurre la febbre. Non sorprende che ciò sia in linea con le recenti scoperte”, afferma l’attivista della legalizzazione Rajiv Kafle. “Sono fermamente convinto che l’uso di sostanze chimiche nella pianta di cannabis possa portarci al trattamento COVID-19”.
Sebbene questi siano risultati preliminari, hanno aggiunto un senso di urgenza all’attivismo pro-cannabis in Nepal, e se la legge sulla coltivazione della cannabis di Tamang sarà approvata dal Parlamento, gli agricoltori nepalesi potrebbero trarne beneficio.
Il disegno di legge vieta agli agricoltori di coltivare solo cannabis nella loro terra. e propone che gli agricoltori con più terra possano utilizzare una porzione minore per la coltivazione di cannabis. La legge permetterà agli agricoltori di vendere marijuana direttamente alle persone con prescrizione medica, a società farmaceutiche approvate dal Consiglio e ad agenti autorizzati per l’esportazione.
Spiega Tamang: “Data la domanda internazionale di marijuana di buona qualità per uso medicinale, gli agricoltori qui possono facilmente guadagnare fino a Rs2 milioni all’anno coltivandola oltre alla canapa e ad altre colture. Ridurrebbe le migrazioni esterne, ridurrebbe la povertà e incoraggerebbe il turismo”.
Non tutti sono contenti del disegno di legge per legalizzare la cannabis. I critici affermano che prende la via più semplice, concentrandosi esclusivamente sulla vendita di cannabis esportando i prodotti grezzi senza valutare l’uso domestico nella medicina tradizionale. E sostengono che ignori anche il potenziale del Nepal nello sviluppo di sottoprodotti come la fibra di canapa.
“Il disegno di legge attualmente è concentrato nel controllo della marijuana e nel ricavarne denaro. Questo di fatto rafforza la paura associata al fumo di erba”, afferma Saurav Dhakal del gruppo di agricoltura sostenibile, Green Growth. “Dovremmo studiare varie varietà di cannabis trovate in Nepal e sviluppare la nostra capacità di prodotti a valore aggiunto perché la marijuana grezza non ci dà alcun vantaggio competitivo”.
C’è anche una netta mancanza di consapevolezza delle differenze tra canapa e marijuana. In effetti, il dibattito sulla legalizzazione della cannabis ha ampiamente oscurato il potenziale della canapa, la fibra naturale più forte al mondo.
La canapa è una sottospecie di cannabis e contiene 0,3% o meno di tetraidrocannabinolo (THC), il composto psicoattivo presente in natura che conferisce alla cannabis le sue proprietà narcotiche. È usato nel settore tessile, cosmetico, alimentare e delle bevande e persino nelle costruzioni. Allo stato naturale, la pianta di canapa ripristina la fertilità del suolo e assorbe quattro volte più anidride carbonica rispetto agli alberi adulti.
La marijuana è anche una sottospecie di cannabis ma contiene fino al 30% di THC ed è utilizzata per il fumo ricreativo. È nota per avere un effetto terapeutico per oltre 100 malattie.
“È molto importante distinguere tra canapa e marijuana, ma la legge proposta non lo fa in termini precisi”, afferma il consulente di cannabis Ravi Pradhan. “Dovremmo rendere legale la canapa per coltivazione, consumo e vendita. Per quanto riguarda la marijuana, nutriamo ancora false percezioni di 50 anni fa. Il Nepal potrebbe beneficiare molto di più dalla legalizzazione sia della marijuana che della canapa”.
La marijuana medica rappresenta ora il 71% del mercato globale della marijuana legale, che entro il 2027 avrà un valore di 76 miliardi di dollari all’anno, e gli attivisti affermano che il Nepal può essere una delle principali fonti di queste colture.
Nonostante le sue riserve, Saurav Dhakal ammette che il disegno di legge è un passo avanti: “La buona notizia è che abbiamo un disegno di legge in Parlamento, le persone finalmente ci ascoltano e discutono della cannabis come una coltura benefica piuttosto che una droga. Ma dobbiamo assicurarci che la legalizzazione della cannabis vada a beneficio dei nepalesi più bisognosi”.
È noto che la marijuana ha effetti terapeutici in oltre 100 malattie che vanno dal cancro e dall’HIV / AIDS al disturbo bipolare e alle lesioni del midollo spinale. Il suo possibile utilizzo nel trattamento dei pazienti COVID-10 è ciò che stimoli gli attivisti della legalizzazione della cannabis.
Rajiv Kafle è un sopravvissuto all’HIV/AIDS e afferma che la marijuana è stata particolarmente efficace per le persone che vivono con l’HIV. Dice: “Gli ex consumatori di cocaina ed eroina che ora usano la cannabis sono ora più stabili, hanno una migliore qualità della vita e sono economicamente solidi”.
I precedenti farmaci anti-HIV come la didanosina e la stavudina hanno causato un effetto doloroso ai nervi, chiamato neuropatia arteriosa, come effetto collaterale. La cannabis si è dimostrata efficace nell’alleviare il dolore e nel trattamento dei sintomi causati dagli antiretrovirali più forti.
Nonostante ovvi benefici, la prescrizione di marijuana non è facile. Vi è uno stigma sociale associato all’uso dell’hashish perché è illegale. La legge del Nepal del 1976 consente l’uso medico della marijuana ma non esiste uno standard di prescrizione e i professionisti medici non sono istruiti a valutare dosi e quantità adeguate.
Il disegno di legge proposto in Parlamento consente alle famiglie di crescere senza autorizzazioni fino a sei piante di cannabis. Ciò significa che i pazienti che hanno bisogno di usare la marijuana possono facilmente far crescere la pianta da soli.
(articolo di Sonia Awale pubblicato su Nepal-Times del 09/07/2020)
da Redazione | 29 Luglio, 2020 | Italia, Notizie
Leoluca Orlando ha assicurato che solleciterà al presidente della Camera l’iter di discussione del disegno di legge già presentato in Parlamento
Una delegazione del comitato “Esistono i diritti” ha incontrato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando per discutere di legalizzazione della marijuana. L’incontro della delegazione composta da Pino Apprendi, Gaetano D’Amico, Alberto Mangano, Antonino Martorana e Marco Feo, è avvenuto in seguito della manifestazione nazionale che in città si è svolta davanti a Palazzo delle Aquile dal titolo “Io coltivo. Meglio legale”.
“L’incontro è stato positivo”, scrive in una nota il comitato. Il sindaco si è detto favorevole all’iniziativa “Io coltivo. Meglio legale” e si è impegnato a sollecitare il presidente della Camera dei deputati Roberto Fico ad attivare l’iter di discussione del disegno di legge presentato in Parlamento. I rappresentanti del comitato “Esistono i diritti” hanno ribadito l’urgenza della legge dopo la sentenza della Cassazione che ha stabilito che la coltivazione per uso personale di modeste quantità non è reato. “E’ una battaglia di civiltà in contrasto agli interessi della criminalità organizzata e di tutela della salute dei consumatori”, dice Gaetano D’Amico.
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