Albania: gaffe del TG3

Albania: gaffe del TG3

Il primo ministro Edi Rama ha commentato oggi la notizia data dal Tg3, nella quale si afferma che la coltivazione di cannabis in Albania è aumentata di 12 volte, classificandola come una vergogna giornalistica e senza alcun legame con la realtà certificata dalla Guardia di Finanza.

“Le notizie di ieri sera su RAI 3 sulla presunta crescita di 12 volte delle coltivazioni di cannabis in Albania sono una vergogna giornalistica, senza alcun legame con la realtà monitorata e certificata dalla Guardia di Finanza stessa. Ci auguriamo che i nostri splendidi partner dicano la verità senza perdere tempo”

Il reportage di Rai3

Ieri nella rubrica “Frontiere d’Europa” del Tg3 si è parlato del fenomeno della coltivazione della cannabis in Albania che secondo rapporti riservati è aumentata del 1200% o 12 volte rispetto al 2018, con oltre 100.000 piante scoperte.

“La produzione di cannabis è tornato in grande stile in Albania. Dall’anno scorso c’è stata una crescita esponenziale di oltre 1200%. Lo mostrano le foto aeree inserite in un rapporto riservato della polizia che Tg3 ha potuto leggere. Trovate circa 100000 piante suddivise in piccole coltivazioni, nascoste sulle montagne di piante alte e basse; una qualità importata dal Vietnam modificate geneticamente per avere una altissima percentuale di principio attivo “, tuona il Tg della sera nella rubrica “Frontiere d’Europa”.

Il Tg ha poi trasmesso anche l’intervista del direttore della polizia criminale albanese, rilasciata qualche mese fa, ricordando così la promessa di cancellare per sempre la produzione di marijuana nel paese.

“Attraverso questi grossi traffici di marijuana in cui l’Albania è notoriamente una dei più grandi produttori, si è costituito una notevole provvista, una notevole disponibilità di denaro dalla parte della mafia albanese che gli ha consentito di entrare a pieno titolo sia nei traffici di cocaina che in quelli che sono gli altri affari criminali” aggiunge Giacomo Cataldi, procuratore aggiunto DDA Lecce.

Le reazioni dell’opposizione

L’ex deputato del Partito Democratico Ervin Salianji ha dichiarato in un comunicato stampa che il rapporto di Rai 3 ha mostrato un Albania che continua ad essere la Colombia europea.

“La crescita di oltre 1200% della coltivazione di cannabis è un fallimento di Rama, e mostra che lui stesso è il difensore dei boss del crimine organizzato.

Edi Rama ha fatto molta propaganda al fine di presentare l’Albania come un paese di riforme nel tentativo di raggiungere gli standard europei e unirsi alla famiglia europea, ma la verità viene sempre a galla. La propaganda non può sempre comprare la verità. Il reportage della Rai 3 ha confermato che l’Albania continua ad essere la Colombia d’Europa e il paese è sempre più nelle mani dei narcotrafficanti”

Le dichiarazioni del Ministro dell’Interno

Il ministro degli Interni Sandër Lleshaj descrive il rapporto di Rai 3 sulla cannabis come un giornalismo senza scrupoli. Negando i dati pubblicati nel rapporto, afferma che grazie alla collaborazione con gli italiani, l’Albania è stata liberata dal fenomeno della coltivazione massiva di cannabis.

“Questa non è la prima volta che i media in Italia diventano preda della disinformazione e dell’irresponsabilità di qualche individuo che trasmette notizie false sulla lotta alla coltivazione della cannabis in Albania. Questo tipo di giornalismo sensazionale e senza scrupoli oltraggia lo splendido partenariato con i colleghi italiani.

Grazie a questa collaborazione, l’Albania è stata liberata dal fenomeno della coltivazione massiva di cannabis, segnando annualmente risultati eccellenti contro la criminalità in questo settore. La battaglia continua” scrive il ministro.

Le dichiarazioni della Polizia di Stato

Anche la polizia di stato ha reagito contro la trasmissione televisiva di RAI 3 secondo cui la coltivazione di cannabis in Albania è cresciuta in modo esponenziale. “La polizia di stato respinge i risultati diffusi da Rai 3, affermando che non corrispondono con i dati in possesso della Guardia Di Finanza.”

Con un comunicato la polizia di stato ha affermato che sono state sollevate preoccupazioni sulla veridicità dei risultati presso i partner italiani chiedendo chiarimenti sulle informazioni infondate che creano terreno per attacchi altrettanto infondati, sottolineando che questi ultimi hanno confermato che la notizia non si basa su fonte diretta.

Fonte: albanianews.it

Cannabis light, norme non sono chiare: chi la vende non sa di commettere un reato

Cannabis light, norme non sono chiare: chi la vende non sa di commettere un reato

Vendere prodotti derivati dalla canapa light è illegale, ma a causa della giungla normativa italiana chi lo ha fatto non è punibile. È quanto, in estrema sintesi, ha affermato al procura di Taranto che ha chiesto e ottenuto l’archiviazione per le 56 persone coinvolte nell’inchiesta “Affari in fumo”, condotta dalla Guardia di finanza, che aveva portato al sequestro nel 2018 di oltre 1 tonnellata di “infiorescenze di canapa sativa” e migliaia di prodotti venduti nella provincia di Taranto, ma anche in altre regioni come Campania, Calabria, Sicilia, Lazio e Lombardia.

Sotto chiave erano finiti anche 120 litri di bevande e liquidi contenenti un basso contenuto di Thc, 2.600 prodotti alimentari, tra cui caramelle e lecca-lecca derivanti dalla cosiddetta “canapa sativa”, 4.500 articoli e strumenti utilizzati per il confezionamento e l’ingestione, l’inalazione o la combustione dell’infiorescenza di canapa. Ma non solo. Gli inquirenti avevano sequestrato anche 4mila locandine che pubblicizzavano i prodotti: per i militari agli ordini del tenente colonnello Marco Antonucci, coordinati dal procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo e dall’aggiunto Maurizio Carbone e dal sostituto Lucia Isceri, si trattava di pubblicità alla droga. Una questione sulla quale anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano dato ragione all’accusa sostennedo che la commercializzazione di cannabis sativa e, in particolare di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione di quella particolare varietà di canapa “non rientra nell’ambito di applicazione della legge n. 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel Catalogo comune delle specie di piante agricole” e che “elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati”. Non solo. Secondo i giudici della Cassazione, quindi, erano da considerarsi reati, come violazione del testo unico sugli stupefacenti “la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”.

Nonostante questa chiara pronuncia della Cassazione, la procura ionica ha ritenuto che la normativa che introduce e regola la vendita di “canapa light” sia talmente confusa che non consente di essere consapevoli di commettere un reato e in particolare quello di spaccio di sostanze stupefacenti. È la stessa procura a spiegare che il quadro è costellato di “asimmetrie interpretative” che hanno “reso inevitabile l’errore nel quale sono incorsi gli indagati nel momento in cui hanno dovuto fronteggiare una norma che non brillava per chiarezza, tanto da indurre i tribunali a determinazioni non collimanti tra loro e anzi a decisioni di segno opposto”. Insomma sulla questione “canapa light” in Italia regna una gran confusione. Leggi, regolamenti, circolari e pronunce giudiziarie sono spesso in contrasto trasformando il business della canapa in una sorta di attività consentita in alcune zone di Italia e vietata in altre.

Una vicenda sulla quale lo Stato italiano dovrà intervenire in modo chiaro e inequivocabile. In Italia, infatti, la legge 242 del 2016 – che contiene le norme per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa – consente la coltivazione di piante di canapa che abbiano una percentuale di “Thc” (tetraidrocannabinolo, il principio psicoattivo della cannabis) inferiore allo 0,6 percento. In particolare se i controlli, affidati dalla legge al Corpo forestale dello Stato, dimostrano che il contenuto di Thc è compreso tra lo 0,2 e lo 0,6 percento allora l’agricoltore è considerato “esente da responsabilità” perché “ha rispettato le prescrizioni”. Dall’altro lato, però, la linea della magistratura è invece dettata da un altro provvedimento legislativo: il decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990, il cosiddetto “Testo unico sugli stupefacenti” che punisce le condotte di chi “vende, offre o mette in vendita, cede o riceve a qualsiasi titolo, distribuisce, commercia” le sostanze “stupefacenti o psicotrope” indicate in due tabelle indicate nell’articolo 14 del decreto.

Ed è proprio tra le sostanze contenute in quelle tabelle che è inserito il Thc. Non solo. Per il Thc non è indicato alcun “valore soglia” e anzi il testo enuncia tra le sostanze vietate proprio la cannabis, sotto forma di infiorescenze, olio, resina, o preparazioni che contengano qualunque percentuale di Thc. Ciò che insomma è consentito con un provvedimento è vietato con altro. E chi ha deciso, come a Taranto, di investire in un’impresa legata al business della canapa si è ritrovato non solo l’accusa di essere uno spacciatore, ma anche il blocco di un’attività nella quale aveva speso i propri risparmi. E se da un lato la richiesta della procura salva gli indagati con l’archiviazione, dall’altro conferma l’illegalità di quel commercio: tutti i prodotti sequestrati, infatti, saranno distrutti e le attività commerciali che erano state chiuse dai finanzieri non potranno riprendere a lavorare.

“Il provvedimento di archiviazione – ha commentato l’avvocato Claudio Petrone, difensore di diversi indagati – è stato emesso nei confronti di cittadini italiani che avevano provato a fare impresa, applicando una legge dello Stato, pagando le tasse ed operando alla luce del sole. Nessuno di loro aveva l’intenzione di spacciare droga, anche perché l’eventuale effetto drogante è tutto ancora da accertare e le Sezioni Unite hanno chiarito come, in assenza di tale effetto, non si possa ovviamente parlare di droga. La magistratura è dovuta intervenire a garanzia degli imprenditori, laddove, purtroppo, il legislatore ha dimostrato di essere ‘pigro’ e ‘poco deciso’”. L’Italia – ha aggiunto il legale – “non potrà essere un paese totalmente liberale fino a quando chi scrive le leggi non ascolterà cosa pensano i propri cittadini. I numeri elevatissimi che il mercato della cannabis, cosiddetta light, ha sviluppato, ci dicono che gli italiani vogliono che la cannabis a basso contenuto di Thc venga venduta in tutte le sue forme, che siano infiorescenze, oli, o alimenti. L’ipocrisia e la miopia verranno meno, forse, quando della convenienza di questo mercato – conclude l’avvocato Petrone – potrà beneficiarne anche lo stesso Stato”.

“Questa vicenda – hanno commentato Massimiliano Iervolino e Giulia Crivellini, Segretario e Tesoriera di Radicali Italiani – dimostra ancora una volta l’urgenza di legalizzare e regolamentare il settore”. E a pagarne le conseguenze sono i cittadini coinvolti nell’indagine: “Il danno subito da questi cittadini – hanno aggiunto – è gravissimo, a livello di immagine, quanto economico. Sono stati etichettati come ‘spacciatori’, hanno visto apporre i sigilli ai loro esercizi commerciali e il materiale all’interno degli stessi è stato sequestrato. Non possiamo consentire che questa condizione di incertezza si perpetri, esponendo gli attori del settore al rischio di perdite e danni a causa di un accanimento proibizionista e irrazionale. A pagare il prezzo di questa opposizione a ogni forma di regolamentazione della commercializzazione della cannabis nel nostro paese sono consumatori e imprenditori, mentre il grande narcotraffico – hanno concluso Iervolino e Crivellini – non risulta affatto scalfito”.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Cannabis terapeutica: eccessivamente limitati i rimborsi in Sicilia

Cannabis terapeutica: eccessivamente limitati i rimborsi in Sicilia

“La platea di pazienti che può ottenere il rimborso della cannabis prescritta per uso terapeutico, in Sicilia, è estremamente limitata; a restarne esclusa è la maggior parte dei pazienti che non ha alternativa alla cannabis, poiché non può trattare alcuni sintomi coi farmaci tradizionali”: lo hanno dichiarato Massimiliano Iervolino e Giulia Crivellini, rispettivamente segretario e tesoriera di Radicali Italiani, a commento del decreto con cui la Regione Sicilia rende la cannabis terapeutica rimborsabile nei soli casi di riduzione del dolore cronico, associato a spasticità o neuropatico.”Non solo – hanno proseguito Iervolino e Crivellini in un comunicato – non è prevista una formazione specifica dei medici e la cannabis continua a non essere coltivabile nella regione. I criteri di accesso alla rimborsabilità, eccessivamente restrittivi, devono essere rivisti ed è necessario lavorare, parallelamente, a un piano complessivo sulla cannabis terapeutica, dalla formazione degli operatori sanitari alla produzione locale del principio attivo. A beneficiarne sarebbe l’intera comunità, sia in termini economici che di legalità”.”Le istanze dei pazienti dell’isola sono rimaste inascoltate – spiega Francesca Turano Campello, che ha partecipato per Radicali Italiani al Tavolo tecnico voluto dall’assessorato regionale alla Sanità – Ancora una volta dovranno affidarsi alla volontà e alla capacità dei medici di trovare un appiglio, quando ciò che rivendicano è un loro diritto. Se l’intenzione dell’assessorato era questa fin dall’inizio, mi chiedo a cosa sia servita l’istituzione di un Tavolo ad hoc”.Restano esclusi dal provvedimento regionale (in questi casi, dunque, i pazienti non possono ottenere un rimborso) i seguenti impieghi di cannabis a uso medico già riconosciuti e menzionati in modo esplicito nel 2015 da decreto ministeriale: effetto anticinetosico e antiemetico nella nausea e vomito, causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per Hiv, che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali; effetto stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da Aids e nell’anoressia nervosa, che non può essere ottenuto con trattamenti standard; effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie convenzionali; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette che non può essere ottenuta con trattamenti standard”.

Fonte: notizie.tiscali.it

Milleproroghe: inammissibile emendamento cannabis light

Milleproroghe: inammissibile emendamento cannabis light

È stato dichiarato inammissibile l’emendamento al decreto Milleproroghe sulla liberalizzazione della cannabis light. Le Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio della Camera infatti hanno dichiarato “non strettamente attinente alla materia” la proposta di modifica a prima firma Riccardo Magi (+Europa) che mirava ad aggiungere i “prodotti e preparati contenenti cannabidiolo (CBD) il cui contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) non sia superiore allo 0,5 per cento per qualsiasi uso derivanti da inflorescenze fresche ed essiccate e oli” tra quelli che si possono ottenere dalla coltivazione e trasformazione della canapa ed essere immessi in commercio.

Fonte: rainews.it

Milleproroghe: emendamento per la cannabis

Milleproroghe: emendamento per la cannabis

Nel giorno in cui la Regione siciliana decide di farsi carico delle spese sostenute dai pazienti che ricorrono alla cannabis per uso terapeutico, un emendamento al decreto Milleproroghe agita il fronte politico. Una trentina di deputati di M5s, Pd, Leu e +Europa chiede la liberalizzazione della cannabis light. Primo firmatario è Riccardo Magi (+E). Fra l’altro, all’elenco dei prodotti che si possono ottenere dalla coltivazione della canapa e che possono essere commercializzati, i deputati chiedono di aggiungere i “preparati contenenti cannabidiolo (CBD) il cui contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) non sia superiore allo 0,5 per cento per qualsiasi uso derivanti da infiorescenze fresche ed essiccate e oli”.

“Per le Sinistre forze di governo sembra che la liberalizzazione della cannabis sia un chiodo fisso e il problema prioritario degli italiani; dopo l’abortito tentativo in Legge di Bilancio, ci riprovano con il Milleproroghe”, dichiara dichiara Maria Teresa Bellucci, capogruppo della Commissione Affari Sociali e Salute, deputato e responsabile nazionale del Dipartimento Dipendenze di Fratelli d’Italia. E continua: “Per l’ennesima volta, infatti, infischiandosene della tutela della salute, apprendo dalle agenzie che con un emendamento, una trentina di deputati di M5s, Pd, Leu e +Europa, richiedono la commercializzazione di prodotti per qualsiasi uso derivanti da infiorescenze fresche ed essiccate e oli della cannabis. Sembra che l’unico obbiettivo perseguito con determinazione e cecità dalle Sinistre, sia quello di inondare i negozi con prodotti a base di cannabis, abbattendo ogni ostacolo culturale e promuovendo l’avvicinamento alle droghe in un’Italia in cui sta già dilagando l’uso di cannabis, soprattutto tra i giovani, al terzo posto in Europa per consumo e con il 21% di persone tra i 15 e i 34 anni assuntori di cannabinoidi”.

Esprime tutta la sua contrarietà anche Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati: “Forza Italia dice “no”, con forza e determinazione, a questa deriva. Non esistono droghe leggere o droghe meno dannose di altre. Noi diciamo “no” alla droga, che fa sempre male e che rappresenta un pericolo concreto per tanti nostri ragazzi. Non si usi un provvedimento come il milleproroghe per proporre strumentalmente al parlamento questa inaccettabile e rischiosa misura”.

Stessa posizione quella della Lega. Il segretario Matteo Salvini affida il “no” a un tweet: “Invito i parlamentari ignoranti che hanno presentato un emendamento per la diffusione delle droghe ad andare a parlare con i medici, con i volontari e soprattutto con le ragazze e i ragazzi che a San Patrignano combattono da anni per liberarsi dal dramma della droga. Vergogna! chi sceglie la lega sceglie la lotta alla droga, ovunque”.

Da parte sua Coldiretti mette in campo qualche numero, stavolta relativo alla cannabis terapeutica. “In Italia la coltivazione, trasformazione e commercio della cannabis a scopo terapeutico per soddisfare i bisogni dei pazienti, potrebbe garantire un reddito di 1,4 miliardi e almeno 10 mila posti di lavoro, dai campi ai flaconi. E’ quanto stima la Coldiretti, nel commentare la decisione della Regione Sicilia di farsi carico delle spese sostenute dai pazienti che ricorrono alla cannabis per uso terapeutico”.

E ancora: “In Italia la richiesta di prodotti terapeutici a base di cannabis è in costante crescita e viene soddisfatta soprattutto dalle importazioni; questo nonostante il decreto del Ministero della Salute dell’11 novembre 2019 permetta allo Stabilimento Chimico farmaceutico militare di Firenze, l’unico autorizzato alla coltivazione, di produrre fino a 500 kg di infiorescenze di Cannabis a partire dal 2020, a fronte dei 350 kg consentiti nell’anno precedente. Solo utilizzando gli spazi già disponibili nelle serre abbandonate o dismesse per la crisi nell’orto floricoltura, ricorda la Coldiretti, campagna italiana può mettere a disposizione da subito mille ettari di terreno in coltura protetta. Si tratta di ambienti al chiuso dove più facilmente possono essere effettuate le procedure di controllo da parte dell’autorità preposte per evitare il rischio di abusi. Un’opportunità che va attentamente valutata per uscire dalla dipendenza dall’estero e avviare un progetto di filiera italiana al 100% che unisce l’agricoltura all’industria farmaceutica.

 

Fonte: repubblica.it

Coldiretti: con la produzione almeno 10 mila posti di lavoro

Coldiretti: con la produzione almeno 10 mila posti di lavoro

Posti di lavoro con la produzione della cannabis per uso terapeutico. In Italia la coltivazione, trasformazione e commercio per soddisfare i bisogni dei pazienti, potrebbe infatti garantire un reddito di 1,4 miliardi e almeno 10 mila posti di lavoro, dai campi ai flaconi. La stima arriva dalla Coldiretti dopo la decisione della Regione di farsi carico delle spese sostenute dai pazienti che ricorrono alla cannabis per uso terapeutico.

LA RICHIESTA. In crescita in Italia la domanda di prodotti terapeutici a base di cannabis, ma viene soddisfatta soprattutto dalle importazioni; questo nonostante il decreto del ministero della Salute dell’11 novembre 2019 permetta allo Stabilimento Chimico farmaceutico militare di Firenze, l’unico autorizzato alla coltivazione, di produrre fino a 500 kg di infiorescenze di Cannabis a partire dal 2020, a fronte dei 350 kg consentiti nell’anno precedente.

Solo utilizzando gli spazi già disponibili nelle serre abbandonate o dismesse per la crisi nell’orto floricoltura, ricorda la Coldiretti, campagna italiana può mettere a disposizione da subito mille ettari di terreno in coltura protetta.

Si tratta di ambienti al chiuso dove più facilmente possono essere effettuate le procedure di controllo da parte dell’autorità preposte per evitare il rischio di abusi. Un’opportunità che va attentamente valutata per uscire dalla dipendenza dall’estero e avviare un progetto di filiera italiana al 100% che unisce l’agricoltura all’industria farmaceutica.

Fonte: gds.it