da Redazione | 9 Gennaio, 2020 | Cultura, Italia, Mondo, Notizie
La pianta di cannabis è nota perché una delle oltre 400 sostanze chimiche contiene, il THC, può avere effetti potenti sul cervello. Fino ad ora si pensava che questa fosse la sostanza più psicoattiva prodotta da questa pianta ma sembra che non sia così.
Un team di ricercatori italiani ha infatti annunciato la scoperta di due nuove sostanze cannabinoidi prodotte dalla cannabis, il tetraidrocannabiforolo (THCP) e il cannabidiforolo (CBDP).
Mentre la seconda sostanza può essere considerata molto vicina al cannabidiolo (CBD), una sostanza con effetti rilassanti e che favorisce il sonno, la prima sostanza, a detta degli stessi ricercatori, risulta almeno 30 volte più potente del THC stesso, come riferisce un articolo su Vice che riprende lo stesso studio.
È quello che hanno scoperto i ricercatori eseguendo esperimenti sui topi e iniettando nel corpo di questi ultimi basse dosi di THCP. Quest’ultimo sembrava molto più attivo del THC, anche se ciò non vuole automaticamente dire che una sostanza del genere può avere sugli esseri umani un effetto psicoattivo 30 volte maggiore di quello del THC.
Lo studio, pubblicato su Scientific Reports potrebbe spiegare perché quando si fumano diverse miscele di marijuana si ottengono sensazioni diverse e in generale potrebbe essere utile per chiarire ancor di più l’utilizzo medicinale dello stesso THC.
I ricercatori hanno trovato quantità di THCP e CBDP relativamente basse nelle piante che hanno analizzato ma credono che in altre varietà di cannabis potrebbero essercene quantità maggiori e ciò andrà accertato con ulteriori studi.
Se ciò fosse vero, questi nuovi cannabinoidi potrebbero essere prodotti ad elevate quantità ma si tratta di eventualità ancora molto lontane dalla realtà anche perché non si sa neanche se il CBDP e il THCP possano realmente rivelarsi utili a livello medico come le controparti.
Gli studi necessari potrebbero portare via diversi anni, molti più tempo di quanto sarebbe necessario. Le ricerche riguardo a questa pianta potrebbero essere infatti rallentate dal fatto che essa è considerata illegale ed una droga illecita in molte regioni del mondo.
Fonte: notiziescientifiche.it
da Redazione | 8 Gennaio, 2020 | Mondo, Cultura
Mangiare alimenti che contengono cannabis è generalmente visto come un’alternativa più sana, rispetto a fumarla o svaparla. Questa convinzione, però, secondo gli esperti è assolutamente priva di fondamento scientifico, perché ci sono molto rischi ad assumere in questo modo i derivati della marijuana. L’allarme è contenuto in un documento pubblicato sulla rivista dei medici canadesi Canadian Medical Association Journal. Insomma mangiare cibo con cannabis può essere particolarmente pericoloso.
Sono sempre di più i Paesi dove l’uso di cannabis – sia per scopi medici che per scopi ricreazioni – è diventato legale. L’esempio più recente in ordine di tempo è proprio quello del Canada, dove le autorità hanno dichiarato alcuni alimenti che contengono cannabis legali dallo scorso ottobre.
Un sondaggio svolto da poco da Deloitte ha svelato che i canadesi intervistati volevano usare gli alimenti con cannabis non solo per motivi ricreazionali – lo “sballo” per intenderci – ma anche per una serie di ragioni mediche, soprattutto che riguardano il controllo dell’ansia e i problemi legati all’insonnia.
I rischi:
- Il primo rischio è che per produrre i suoi effetti la cannabis quando viene mangiata può impiegare anche quattro ore, mentre quando viene fumata gli effetti sono perlopiù immediati. Questo grande lasso di tempo può portare nei meno esperti a consumare quantità più grandi di questi alimenti.
- Inoltre gli effetti della cannabis assunta con il cibo può durare anche otto ore o di più. Questo significa che le conseguenze tipiche del suo uso possono durare più a lungo, rispetto a quello che succede a chi la fuma.
- In diversi Paesi è possibile acquistare prodotti già preparati dalle aziende. Questo accade in generale perché sono più economici. Il problema è che le dosi utilizzate sono standard. È noto invece che ogni persona reagisce in modo diverso alla stessa dose. Alcuni possono essere più sensibili di altri. Studi dimostrano che c’è chi non regge anche piccole quantità, specialmente se si è alle prime armi.
- Un altro problema è che i cibi a base di cannabis sono spesso dolci o biscotti, che potrebbero attirare l’attenzione di bambini o animali domestici. È ovvio che gli effetti che questi prodotti avrebbero sulla loro salute sarebbero gravi. A sostegno di questa affermazione gli esperti canadesi hanno citato uno studio svolto in Colorado, tra i primi stati degli USA a legalizzare la cannabis. Secondo questa ricerca il Centro di Controllo dei Veleni ha visto crescere del 70% le chiamate per assunzione accidentale di cannabis da parte dei bambini tra il 2013 e il 2017. Anche gli anziani potrebbero scambiare i biscotti con cannabis per dolci tradizionali. Il consumo di cannabis tra gli anziani è stato legato a danni alla memoria e alle capacità cognitive in generale, un aumento dei rischi di frattura da caduta per pressione bassa, aritmie cardiache e interazioni con i farmaci che assumono.
Gli esperti mettono anche in guardia dall’uso di questo tipo di prodotti con:
- alcol,
- benzodiazepine, usate contro l’ansia e l’insonnia,
- pillole per dormire,
- oppioidi, prescritte come potenti antidolorifici.
Fonte: ok-salute.it
da Redazione | 7 Gennaio, 2020 | Mondo, Cultura
Investire sulla cannabis (legale). Un’opportunità presto possibile anche per i risparmiatori europei e italiani, per puntare su un mercato che gli analisti non smettono di tenere d’occhio. È in arrivo infatti il primo Etf europeo dedicato alla marijuana, che sarà disponibile nel Regno Unito, in Irlanda e appunto Italia, lanciato dal fondo canadese Purpose Investments. Si chiamerà Medical Cannabis and Wellness ETF e sarà disponibile dal 13 gennaio, quand sarà quotato in Germania, secondo quanto riporta il Financial Times.
Ma vale la pena investire nell’economia della cannabis? Il più grande Etf dedicato al prodotto, quotato negli Usa, si chiama ETFMG Alternative Harvest, e ha un portafoglio di 673 milioni di dollari, ma nel 2019 ha perso il 28,5%, in anno abbastanza complicato per i sostenitori dell’economia della cannabis, e che ha visto diversi crolli del mercato. Non ha fatto meglio l’altro grande Etf, Horizons Medical Marijuana Life Sciences ETF, canadese, un asset da 327 milioni di euro, che ha perso il 33.8%.
Il fondo Purpose investirà in società attive nel mercato della cannabis legale, della cannabis medica, della canapa e del Cbd. In totale, stimano gli analisti di Jefferies equity research, la marijuana è un affare da 11 miliardi a livello globale (dato 2018), e può toccare i 50 entro i dieci anni. Secondo altri, il mercato potrebbe triplicarsi fino a toccare i 150 miliardi.
Intanto negli Usa, insieme al Canada (unico Paese del G7 ad aver legalizzato l’«erba») uno dei mercati di punta, dal 1° gennaio l’Illinois è diventato l’undicesimo Stato a legalizzare la cannabis. E subito si sono create lunghe file di persone intenzionate ad acquistarla, a Chicago e in altre città dello Stato. C’era anche la luogotenente governatrice Juliana Stratton tra gli acquirenti, che hanno fatto registrare vendite pari a 3,2 milioni di dollari di marijuana in un giorno.
Intanto Tilray, il grande produttore di marijuana canadese, ha siglato un mega accordo per esportare 2,5 tonnellate di cannabis in Israele, dove il mercato della marijuana medica raggiungerà i centomila pazienti alla fine di quest’anno, attraverso una sussidiaria basata in Portogallo. Un modo (forse) per risolvere un grave problema di magazzino: a dicembre, aveva stimato sempre il Ft, in Canada erano rimaste invendute circa 400 tonnellate di marijuana.
Fonte: corriere.it
da Redazione | 4 Gennaio, 2020 | Cultura, Italia, Normative
La sentenza è del 19 dicembre, ma la notizia è rimbalzata su tutte le testate nazionali solo nel giorno di Santo Stefano: la Cassazione, a Sezioni Unite, ha stabilito che coltivare in casa (poche) piantine di cannabis non costituisce reato. «È passato Babbo Natale», avranno pensato in parecchi.
Da oggi, quindi, via libera all’autoproduzione ‘fai da te’? Non esattamente. In base all’articolo 28 del Testo Unico sugli stupefacenti (n.309 del ‘90), chi coltiva e produce senza autorizzazione sostanze psicotrope può ancora incorrere in sanzioni penali ed amministrative. La legge rimane questa, ma sta di fatto che, per la prima volta, l’organo più importante della Corte di Cassazione ha deliberato che «non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica. Attività di coltivazione che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale». Una sentenza che certamente crea un precedente importante al quale si potrà fare appello nel caso di procedimenti analoghi.
«Da quando è uscita la notizia – spiegano Loris e Thomas, gestori del canapa shop ‘New Biogroup’ di via Tortona – molti clienti sono convinti che d’ora in avanti si potrà coltivare cannabis liberamente. Sia chiaro che non è così. Dai media sta arrivando un messaggio distorto, e in tanti non hanno compreso che si tratta solo di una delibera riferita ad un caso specifico».
Per sgomberare ulteriormente il campo da equivoci occorre attendere le motivazioni delle Sezioni Unite. Nella massima provvisoria, infatti, si leggono termini come “minime dimensioni”, “tecniche rudimentali”, “modesto quantitativo”, che lasciano spazio a diverse interpretazioni e che non stabiliscono limiti effettivi, come è normale che sia, perché stabilire i limiti di legge spetta solo al Parlamento. Proprio in Parlamento lo scorso 16 dicembre è stato escluso dalla legge di bilancio l’emendamento sulla regolamentazione dei derivati della cannabis per uso commerciale presentato dal senatore pentastellato Matteo Mantero. «Sarebbe stata molto più utile l’approvazione di questo provvedimento – commentano Loris e Thomas – e invece a produttori e commercianti è stata negata la possibilità di avere finalmente normative precise, recando così un pesante danno economico a tutta la filiera e al mercato della canapa». Un mercato che in Italia, solo nel 2018, ha superato i 150 milioni di fatturato.
Nel negozio di Loris e Thomas si può, acquistare tutto il materiale – grow box, lampade a led, filtri dell’aria, aspiratori, fertilizzanti – necessario alla coltivazione indoor «per qualunque tipo di piante si tratti. Quanto del nostro venduto è destinato all’autoproduzione domestica? Crediamo almeno il 90%». Gli articoli in vendita sono assolutamente legali, semi di cannabis compresi, «perché non hanno principio attivo, e la legge ne ammette la vendita come articoli da collezione».
Ma quanto può costare un kit completo per la coltivazione indoor? «Dipende dalle dimensioni della semina e dalla qualità del materiale. Per un kit base diciamo dai 300 ai 400 euro».
Fonte: alessandrianews.ilpiccolo.net/
da Redazione | 2 Gennaio, 2020 | Mondo, Cultura, Normative
La mattina di Capodanno, l’Illinois si è svegliato da undicesimo Stato americano dove la vendita di marijuana a scopi ricreativi è diventata legale. Lunghe code si sono formate prima dell’alba davanti ai 43 negozi dove è autorizzata la vendita, che oggi potevano aprire dalle sei del mattino, secondo quanto riportato dal sito The Hill. Da oggi tutti coloro che sono residenti in Illinois con età superiore ai 21 anni potranno possedere fino a 30 grammi di marijuana e 5 di cannabis. Per i non residenti i quantitativi massimi sono invece dimezzati.
Martedì, un giorno prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, il governatore dello Stato, J.B. Pritzker, ha concesso la grazia a oltre 11mila persone condannate per possesso di piccoli quantitativi di marijuana. Il consumo della sostanza a scopi ricreativi è già legale in Alaska, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Michigan, Nevada, Oregon, stato di Washington e Vermont, mentre più di 30 altri Stati autorizzano l’uso a fini medici.
da Redazione | 23 Dicembre, 2019 | Notizie, Cultura, Mondo, Normative
Un dibattito continuo e vivace in Italia sia a livello politico che sociale. Una discussione lunga e complessa sotto l’occhio severo del Vaticano. Una decisione difficile da prendere.
L’Uruguay invece, tre anni fa, ha fatto una scelta molto innovativa. Non solo ha legalizzato l’uso della Cannabis ma ha messo sotto controllo dello Stato la produzione della droga. Una decisione complessa e ritenuta da molti rischiosa, soprattutto per quello che avrebbe potuto provocare sui giovani. Invece i risultati dopo un quadriennio sembrano dare ragione alla scelta.
Secondo i dati dell’Istituto per la Regolamentazione e il Controllo della Cannabis attualmente ci sono circa 40000 persone che hanno diritto all’acquisto della droga in farmacia, quasi 8000 sono i coltivatori autorizzati e oltre 4000 persone appartengono ai club della Cannabis.
E dopo quattro anni quali sono stati i risultati di questa decisione così coraggiosa?
Il Governo uruguagio, attraverso la Giunta Nazionale della Droga che ha monitorato il trend sul consumo, ha dichiarato che si è avuta una forte riduzione del traffico illegale.
Secondo lo studio , in quattro anni, i consumatori di droga hanno dichiarato di essersi serviti, grazie alla nuova legge, dei narcotrafficanti cinque volte meno di quanto erano soliti fare prima.
E’ interessante vedere come nel 2014, prima della nuova legge, il 58% dei consumatori abituali acquistava la droga illegalmente.
Nel 2018 invece solo il 18%. Praticamente un consumatore abituale di droga su tre ha cambiato le proprie abitudini rivolgendosi alle farmacie, ai produttori autorizzati o ai club regolamentati per legge.
Secondo uno dei consulenti dell’Istituto sul Controllo della Droga, lo psicologo Marcos Baudean i numeri danno ragione ad una scelta governativa così innovativa e coraggiosa.
Fra gli risultati, in positivo, si è potuto notare che il consumo tra gli adolescenti non è aumentato. Sembra essere stato bloccato un trend crescente degli anni precedenti alla legge. Trend che sembrava inarrestabile.
Ma la guerra contro il narcotrafficante sembra però non essere affatto vinta.
Infatti secondo alcuni dati della Polizia il traffico illegale di droga continua inalterato in Uruguay.
La Direzione Generale per la Repressione al traffico illecito di Droga ha confermato che nel 2018 sono state oltre due le tonnellate di droga ( rispetto ai 1,9% del 2017) trafficata illegalmente nel Paese.
Una contraddizione spiegata dal fatto che i dati della Polizia comprendono tutto il vasto universo delle droghe e non solo la Cannabis.
Una guerra che, nonostante i progressi fatti legalizzando la Cannabis, sembra purtroppo essere quasi impossibile da vincere.
Fonte: affaritaliani.it
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