Il colpo alla filiera della cannabis

Il colpo alla filiera della cannabis

Dai venditori ai coltivatori. Blitz della polizia in un’azienda agricola fuori provincia. Gli agenti, su input del questore Antonio Pignataro, hanno effettuato sequestri di infiorescenze di cannabis in una delle aziende agricole che forniscono i negozi di cannabis light. Il diktat del capo della polizia in provincia è Nessuna tregua all’attività di contrasto della commercializzazione di infiorescenze di cannabis promosse come legali.
I sequestri
Dopo i sequestri di prodotti all’interno dei cannabis shop che commercializzavano infiorescenze di cannabis e dopo le chiusure temporanee imposte dal questore, ora la polizia ha aperto un nuovo fronte nella lotta alla marijuana spacciata come legale. Con un decreto di perquisizione delegata del procuratore capo Giovanni Giorgio e del sostituto procuratore Enrico Riccioni, gli agenti sono risaliti all’origine della filiera procedendo al sequestro di campioni di infiorescenze all’interno di una azienda agricola che cura la coltivazione e la produzione di cannabis e che rifornisce i negozi. La cannabis «è considerata erroneamente una droga leggera ma è una vera e propria droga, induce dipendenza psichica alla stessa stregua dell’eroina e della cocaina», ha sottolineato il questore Pignataro evidenziando una forte indignazione anche per la «deprecabile propaganda pubblicitaria di infiorescenze di cannabis attraverso mezzi di informazione in cui si dedicano intere pagine alla commercializzazione della cannabis light come un alimento innocuo alla salute da acquistare e consumare normalmente».
La prevenzione
L’obiettivo della polizia, come sottolineato più volte dallo stesso questore, non è quello di porre ostacoli all’iniziativa economica per quanto riguarda la produzione della cannabis purché vengano osservate le norme stabilite dalla legge comunitaria 242/2016 che ha come scopo quello di rilanciare l’industria di settore. L’art. 2, rubricato Disposizione per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa, richiamato in molte delle confezioni in vendita, indica analiticamente tutti i numerosi settori nei quali la canapa coltivata può trovare utilizzazione ma si ribadisce, ancora una volta, che non prevede assolutamente come finalità della coltivazione l’ottenimento di un prodotto tecnico per ricerca o collezionismo o di vendita al pubblico di un prodotto non destinato al consumo umano. «La vendita e la detenzione ha rimarcato Pignataro – non vengono citate dalla legge anzi sono escluse. La Polizia di Stato di Macerata è costantemente impegnata nel contrasto allo spaccio di sostanze stupefacenti e prosegue nella sua intensa attività di controllo e repressione anche della commercializzazione della cosiddetta cannabis legale».

Fonte: corriereadriatico.it

Malato di sclerosi multipla: curarsi con la cannabis

Malato di sclerosi multipla: curarsi con la cannabis

Giornata storica per gli antiproibizionisti italiani lo scorso 30 novembre, durante la conferenza dedicata al tema “Cannabis terapeutica quando la legge genera il problema”. In quel giorno è stata infatti annunciata la disobbedienza civile e l’apertura del primo Cannabis Social Club italiano.

La battaglia contro la legge, definita “ingiusta” da Alessandro Raudino, malato di sclerosi multipla da più di dieci anni, è ufficialmente arrivata ad un punto di non ritorno.

Alessandro ha dichiarato pubblicamente alle autorità la sua volontà di trasgredire l’articolo D.P.R.309/90 che vieta la auto-produzione di cannabis, in applicazione dell’articolo 2 della Costituzione e dell’articolo 32 che prevedono la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo e conseguentemente il diritto inviolabile alla salute e di accesso alle cure.

La storia di Alessandro inizia quando gli viene diagnosticata la sclerosi multipla all’età di 22 anni. Inizialmente si sottopose alle cure tradizionali, che per lui prevedevano la somministrazione di un farmaco il cui principio attivo è il glatiramer acetato.
Un medicinale che ha tante controindicazioni e che, come dice la compagna di vita e di battaglie di Alessandro, Florinda Vitale, «si sono verificate tutte o quasi, durante il periodo di cura con il farmaco tradizionale».

Racconta la vice-presidente dell’associazione: «Le problematiche più frequenti erano gli spasmi notturni, incontinenza, nausea perenne e difficoltà respiratorie, senza considerare le problematiche al fegato dovute direttamente all’assunzione dei farmaci».

E’ stato vedendo che non c’era nessun miglioramento che Alessandro, ad un certo punto, ha deciso di tentare un’altra cura con la cannabis terapeutica, e quello che ne viene fuori non poteva aspettarselo nessuno, tantomeno lui. La terapia funziona, Alessandro riprende a lavorare, ricomincia la sua indipendenza fisica ed economica.

Alessandro Raudino fa notare che con la rinuncia alle cure tradizionali la Regione siciliana risparmia almeno 80 mila euro l’anno, che si dividono in medicinali, visite e pensione d’invalidità, mentre con l’autoproduzione Alessandro e gli altri malati, soprattutto di sclerosi multipla, permettono un risparmio considerevole.

Ma la cannabis è un farmaco diverso dagli altri, è soggetto a molti pregiudizi etici, è di difficile reperibilità e soprattutto con costi molto elevati. In Italia in alcune regioni il farmaco è a carico del sistema sanitario regionale, in Puglia ad esempio, in Sicilia no, quindi i malati devono arrivare a spendere fino a 36 euro al grammo con la lavorazione galenica, prezzi insostenibili per una persona con uno stipendio medio.

La soluzione è per Alessandro quella della auto-produzione, e con questo intento l’associazione Cannabis Cura Sicilia Social Club inizia un percorso di disobbedienza civile che la porterà a crescere tante piante quante saranno le persone che sottoscriveranno la disobbedienza, i frutti che nasceranno dalla disobbedienza saranno utilizzati per i malati di varie associazioni italiane.

L’associazione siracusana è supportata dal gruppo scientifico CannabiScienza, che fornisce corsi di formazione riconosciuti Fad e Ecm, caratteristica che le differenzia dal modello spagnolo, dove nei club non è presente nessun tipo di supporto medico certificato.

Molti i nomi noti presenti durante la conferenza, tra gli altri il dottore Andrea Cristoforetto, la dottoressa Viola Brugnatelli direttrice scientifica di CannabiScienza, il dottor Sergio Chisari dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania, e il noto dottor Giuseppe Nicosia antiproibizionista da più di 12 anni, tornato da poco dall’esperienza come grower di erba medica in Canada.
Presenti anche le forze dell’ordine, Fiamme gialle, carabinieri e Digos.

Per tutti i partecipanti alla conferenza il nocciolo della questione è chiaro: bisogna permettere l’autocoltivazione, bisogna riguardare le leggi in materia e stabilire fondi per la ricerca e soprattutto bisogna superare il pregiudizio su una pianta che può avere effetti “miracolosi”, così almeno vengono giudicate le cure da parte dei pazienti che si sono sottoposti ad alcune terapie sperimentali.

Le parole di Nicosia sulla sua esperienza canadese: «In Canada nel primo anno dalla legalizzazione lo Stato ha guadagnato 20 miliardi di dollari, in Italia spendiamo 3 miliardi l’anno per contrastare un fenomeno che però, stando ai dati, è in continuo aumento. Lo Stato si concentra nella ricerca delle caramelle nelle scuole, tralasciando le piazze di spaccio che sono il vero traid d’union tra la droga leggera e quella pesante».

La scienza funziona così: un assunto è reale fino a prova contraria, Alessandro, come tanti altri malati, sono la prova contraria, che testimoniano come, in base alla loro esperienza, una terapia a base di cannabis funziona e non crea dipendenza fisica.

Alessandro Raudino, paziente e “medico” di se stesso e Florinda Vitale compagna di vita e vice presidente dell’associazione dal 2013, hanno posto la prima pietra nella costruzione di una «grande casa, creando una realtà alternativa che segue le leggi del buon senso, che non sempre combaciano con leggi dello Stato».

Fonte: lasicilia.it

Serra per coltivare cannabis: arrestato 23enne

Serra per coltivare cannabis: arrestato 23enne

carabinieri di Verdello hanno arrestato in flagranza di reato un 23enne trevigliese, V.B., a seguito della perquisizione in un negozio dismesso.

Il giovane aveva allestito una vera e propria serra dotata di un efficiente impianto di irrigazione, illuminazione ed aerazione. Al suo interno, oltre al materiale per la coltivazione ed il confezionamento della droga, gli uomini dell’arma hanno rinvenuto e sequestrato 12 piante di cannabis alte circa un metro e mezzo e quasi 7 chilogrammi di fogliame ed inflorescenze di marijuana in fase di essicazione, pronte per essere immesse sul mercato.

I carabinieri hanno anche accertato che per procurarsi l’elettricità, il 23enne aveva manomesso l’impianto di illuminazione per collegarsi abusivamente alla rete elettrica.

Su disposizione dell’autorità giudiziaria, per entrambi i reati, è stato posto agli arresti domiciliari in attesa della celebrazione del processo con rito direttissimo presso il tribunale di Bergamo programmato mercoledì mattina.

Fonte: bergamonews.it

Paura di Salvini: ecco come i grillini affossano la cannabis light

Paura di Salvini: ecco come i grillini affossano la cannabis light

«Vi chiedo scusa». Esordisce così, in un post su Facebook, il senatore Cinque Stelle Matteo Mantero. E le scuse sono rivolte a quelle 3mila aziende, tra produttori e distributori di cannabis light, rimaste in un limbo normativo dopo la sentenza della Cassazione di luglio che ha vietato la vendita di resine, olio e infiorescenze. Mantero era primo firmatario di due emendamenti alla legge di bilancio che avrebbero messo un po’ di ordine nel settore, dopo mesi di promesse e incontri con i parlamentari grillini. E invece ecco la sorpresa: gli emendamenti sono stati tutti ritirati in gran segreto nella seduta di sabato scorso in commissione Bilancio, senza che lo stesso Mantero fosse presente, denuncia lui. «Vi chiedo scusa per la maggioranza di cui faccio parte», dice il senatore grillino, «perché mentre il resto del mondo veleggia sulla rotta della legalizzazione della “marijuana” noi abbiamo paura di affrontare il tema della canapa industriale». E il motivo che ha spinto la maggioranza di governo a stralciare gli emendamenti senza neanche discuterli, come ammettono gli stessi parlamentari, è solo uno: la paura che, aprendo l’argomento cannabis light, Matteo Salvini e i colleghi sovranisti potessero cavalcarlo dalla loro parte sollevando l’ennesimo polverone politico. E così, meglio il silenzio. Mentre 3mila aziende e mille negozi sparsi in tutta Italia da mesi erano col fiato sospeso in attesa di tornare in attività, senza rischiare sequestri e denunce, ormai con l’acqua alla gola. E se le attività continuano a essere bloccate, il pericolo ora è la perdita di 12mila posti di lavoro. Tanti quanto l’Ilva e tutto il suo indotto, per intenderci.

«Nel corso degli incontri, i parlamentari Cinque Stelle ci avevano assicurato che si sarebbero impegnati per il rilancio dell’intero settore», denuncia Luca Fiorentino, 24enne fondatore e ceo di Cannabidiol Distribution, azienda torinese, tra le più grandi in Italia, che per prima ha inserito i prodotti a base di cannabis light nella grande distribuzione. Aprendo anche due negozi nel centro di Torino, che dopo svariati blitz e sequestri sono stati costretti a chiudere. Nel 2017 Cannabidiol contava 12 dipendenti, oggi si sono ridotti a quattro. E le aziende agricole che per loro producevano la canapa da mesi hanno già fermato le coltivazioni e chiuso baracca.

Dal 2016 in poi, con la “legge sulla canapa” voluta dagli stessi grillini, che ha legalizzato i prodotti con thc al di sotto della soglia dello 0,6%, il settore in Italia è esploso. Molti giovani, come Luca, hanno investito aprendo negozi e società. E soprattutto tante aziende agricole del Sud Italia si sono buttate a capofitto nella coltivazione della canapa, riuscendo a ottenere margini di guadagno che, rispetto ad esempio al pomodoro, possono essere 19 volte più alti. Un mercato che tra alimentari, cosmetica e fiori, valeva oltre 2 miliardi.

Dalla sentenza della Cassazione in poi ad oggi, 2.200 posti di lavoro tra quelli diretti e l’indotto sono già saltati. La decisione della Corte suprema, in realtà, passava la palla al Parlamento per regolamentare il settore una volta per tutte. Ma le camere hanno ignorato la sollecitazione. Il problema sta nella legge 242 del 2016, proposta dai Cinque Stelle, che venne approvata dopo che dal testo iniziale fu eliminato il comma che normava il mercato dei fiori di canapa, parlando di produzione ma non di commercializzazione. Da lì, i negozi e le coltivazioni di cannabis light si sono diffuse in tutta Italia in un vuoto normativo che, dopo la sentenza restrittiva della Cassazione, si è poi spostato nelle aule dei tribunali. Dove, come in un cortocircuito legislativo, da Milano a Genova i giudici si stanno esprimendo ormai a favore dei dissequestri, restituendo i prodotti ai negozianti.

Intanto, due leggi di modifica alla 242, una depositata dallo stesso Mantero e un’altra da Più Europa, alla fine non sono più state neanche discusse. Con Matteo Salvini che, da ministro dell’Interno, parla di «lotta alla droga» e annunciava: «Chiuderò tutti i negozi». Mentre in clima di incertezza normativa e di “caccia alle streghe”, il 90% dei tabaccai ha smesso di acquistare la cannabis light dai produttori per paura di incappare in procedimenti penali. E così il mercato si è bloccato.

Dopo la formazione del governo giallorosso, alcuni rappresentanti delle aziende italiane produttrici di canapa – che avevano provato anche a raccogliersi intorno a un’associazione di categoria – si sono fatti sentire con tutte le forze politiche della nuova maggioranza. Hanno contattato il ministro dello Sviluppo economico, il 5S Stefano Patuanelli; e poi hanno incontrato pure il Cinque Stelle Filippo Gallinella, presidente della Commissione Agricoltura della Camera. Ma l’atteggiamento, dopo la batosta elettorale dei 5S in Umbria, è cambiato. Con Salvini all’attacco, i grillini hanno preferito non stare più in prima linea su un argomento scottante come la cannabis light. Gallinella così ha smesso di rispondere ad aziende e associazioni del settore. E alla fine si è limitato ad approvare una risoluzione vaga e fumosa che – secondo la stessa Federcanapa – non fa altro che peggiorare la situazione attuale.

Finché, con i lavori della manovra in corso, Mantero ha presentato due emendamenti in cui si prevedeva anche una accisa di 10 centesimi per grammo sul prodotto. Ma già tra i Cinque Stelle erano emersi i primi malumori a farsi promotori di una iniziativa simile, per paura che l’ex alleato leghista potesse approfittarne per tonare sull’argomento e attaccarli.

Nei mesi scorsi, poi, i rappresentanti delle aziende della cannabis light hanno preso carta e penna e hanno scritto a Luigi Di Maio, a Nicola Zingaretti e pure al segretario della Cgil Maurizio Landini. Senza ricevere risposta da nessuno. Alla fine, si sono spostati pure più a sinistra, approfittando del fatto che il ministro della Salute, Roberto Speranza, fosse un rappresentante di LeU. Ma la risposta, anche qui, è stata sempre la stessa: meglio evitare per paura di fornire argomenti di propaganda a Salvini. E alla fine è arrivato pure il ritiro degli emendamenti.

E tutto il settore, che in questi mesi era rimasto appeso al Movimento Cinque Stelle, si è visto presentare l’amara sorpresa. Mantero promette già che i grillini tenteranno di ripresentare l’emendamento alla Camera. Ma sotto il suo post in poche ore si sono raccolti gli sfoghi di chi si è indebitato ed è stato costretto a chiudere negozi e a licenziare dipendenti e che sperava in una regolamentazione. «Con questa storia, vi state giocando una barcata di voti», scrive qualcuno. «I commercianti hanno aperto le loro attività in base a una legge, chiedendo prestiti e indebitandosi», dice Luca Fiorentino, «e ora invece veniamo trattati come spacciatori di droga».

Fonte: linkiesta.it