Cannabis terapeutica: l’appello di un malato di artrite reumatoide

Cannabis terapeutica: l’appello di un malato di artrite reumatoide

Alcune settimane fa i carabinieri sono arrivati a casa sua. Pochi giorni dopo ha scoperto di essere stato denunciato per detenzione illecita di sostanze stupefacenti. Ma a Walter De Bendetto, aretino, 48 anni e una vita segnata da una grave forma di artrite reumatoide che l’ha colpito trent’anni fa, quella cannabis serve per curarsi. Lui la coltiva in casa perché la Asl non ha potuto garantirgli la quantità necessaria alla terapia prescritta. E ora lancia un video-appello al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e ai ministri della Salute e della Difesa per chiedere un incremento della produzione e perché si arrivi alla legalizzazione definitiva. “Rischio il carcere per curarmi dal momento che questo è l’unico modo per farlo”, ricorda Walter che domani, mercoledì 23 ottobre, parteciperà a un sit-in davanti alla Camera as Roma insieme all’associazione Luca Coscioni e ai Radicali Italiani, per chiedere ai parlamentari di riprendere il cammino interrotto nella scorsa legislatura per la legalizzazione della cannabis. Durante la manifestazione saranno consegnate al presidente della Camera Roberto Fico oltre 25mila firme raccolte nel 2019 a sostegno della proposta di legge per la legalizzazione della cannabis già depositata alla Camera.

Tutto comincia alcune settimane fa. Walter usa la cannabis per combattere i dolori provocati dalla malattia: non gli basta il grammo al giorno che gli ha prescritto il medico e per questo ne prende altra, che viene coltivata nel giardino di casa sua. “È l’unica sostanza che funziona davvero su di me, però ho bisogno anche di due o tre grammi al giorno “, racconta.  A inizio ottobre i carabinieri sono arrivati a casa sua, a Ripa di Olmo in provincia di Arezzo e hanno arrestato un suo amico che stava annaffiando 12 piante in giardino. Lo stesso amico era stato visto altre volte fare la stessa cosa nei mesi precedenti. Per questo i militari sono intervenuti. In un anesso di quello spazio verde sono stati trovati 800 grammi di sostanza e invece a casa dell’amico c’erano un bilancino di precisione e alcuni grammi di marijuana. L’uomo, che ha raccontato al giudice di non aver piantato la cannabis e di aiutare Walter a consumarla, visto che praticamente non riesce a muoversi, è stato subito scarcerato. A novembre si svolgerà l’udienza del processo per direttissima.

Lo scorso 11 ottobre il legale che segue il malato ha scoperto che anche il suo assistito è stato indagato dalla procura. “Da almeno 10 anni il medico mi ha prescritto la cannabis – racconta Walter – Non uso solo quella, prendo anche il cortisone e mi metto un cerotto di Fentanyl “. Si tratta di un potente antidolorifico, che negli Stati Uniti nella versione in compresse ( con dosaggi molto più alti) ha creato gravissimi problemi di dipendenza a migliaia di persone. “A me ormai fa ben poco effetto – prosegue De Benedetto – Mi funziona la cannabis ma a dosaggi alti. La consumo ad esempio facendo l’olio o usandola nell’impasto di dolci” . Sono gli amici ad aiutarlo nell’assunzione, sostiene e adesso anche nella coltivazione. Per questo ha fatto un appello per la persona che è stata arrestata, il suo amico Marco, dicendo che gli stava soltanto dando una mano.
A Walter era già capitato di essere denunciato perché sempre per lenire i dolori dell’artrite reumatoide aveva in casa un etto di marijuana ma è stato assolto perché ha dimostrato che si trattava di una sostanza per uso personale. Dalla parte di Walter si sono schierati in molti (e tra questi anche Adriano Sofri) tra coloro che ritengono necessario dare la possibilità ai malati di coltivare a casa la cannabis di cui hanno bisogno. Per la legge invece la marijuana terapeutica deve essere prescritta da un medico, consegnata dalla Asl e soprattutto prodotta o acquistata all’estero, dallo Stato. A Firenze lo Stabilimento farmaceutico militare coltiva la canapa per uso medico e proprio quest’anno sta realizzando nuove serre per aumentare la quantità di sostanza messa a disposizione dei malati. La domanda infatti è in crescita e l’Italia è costretta ad acquistare all’estero, in particolare in Olanda, la cannabis. Secondo le linee guida dettate dal ministero della Salute, sulla base di studi e pratica clinica, questa sostanza non può essere considerata di prima scelta nella lotta al dolore e alla spasticità muscolare e per le altre indicazioni, ma deve essere prescritta dopo aver tentato altre strade farmacologiche. Gli specialisti spiegano che la sua efficacia varia da paziente a paziente, nel senso che ce ne sono alcuni che traggono molto giovamento dal suo utilizzo e altri meno. Walter appartiene al primo gruppo e vorrebbe poter ricevere un dosaggio più alto dall’azienda sanitaria.
Fonte: firenze.repubblica.it

Cannabis contro cannabis: come guarire dalla dipendenza

Cannabis contro cannabis: come guarire dalla dipendenza

Sulla pericolosità della cannabis nella comunità scientifica c’è grande scetticismo, fatta eccezione per due contesti precisi: l’assunzione di Thc durante l’adolescenza, quando le connessioni neuronali sono ancora in formazione; e i presunti benefici terapeutici, ancora non del tutto dimostrati.

Su questi argomenti abbiamo riferimenti anche in una lettera del segretario generale dell’Oms. In Italia invece, il Consiglio superiore di Sanità aveva messo in guardia contro le false speranze riguardo agli usi terapeutici, spesso ingigantiti.

Recentemente sta facendo discutere uno studio annunciato, ma non ancora reso pubblico. Riguarda una pillola al Cbd che secondo i ricercatori del University College di Londra, permetterebbe di ridurre la dipendenza da Thc. Come accennato questa eventualità riguarderebbe coloro che hanno assunto cannabis fin dall’adolescenza.

Differenze tra Thc e Cbd

Nel presentare la nuova ricerca si parla dell’idea apparentemente paradossale di combattere la dipendenza da cannabis, assumendo cannabis in pillole. Il trattamento però riguarda l’assunzione di Cbd per far fronte alla dipendenza da Thc.

Il Delta-9- tetraidrocannabinolo (Thc) è la sostanza che il genere femminile della canapa sativa produce dalle sue infiorescenze per difendersi. Si tratta di un composto simile agli endo-cannabinoidi che il nostro Sistema nervoso produce di suo quotidianamente.

Grazie a questa “somiglianza” il Thc riesce a trarre in inganno il nostro cervello, dandoci sensazioni stupefacenti. Ma la canapa produce anche un altro composto, ovvero il Cbd (cannabidiolo), e altre sostanze presenti in quantità minori. Esistono infine i cannabinoidi sintetici (Scb).

I potenziali limiti dello studio

Uno dei limiti di questo studio è che non possiamo ancora leggerlo. Disponiamo però di alcune affermazioni rilasciate da due ricercatori del team (Val Curran e Iain McGregor dell’Università di Sydney), con alcuni accenni al modo in cui è stato svolto. Ne parla NewScientist, in occasione della presentazione dello studio al NewScientist Live 2019 tenutosi a Londra.

Come spiegato da Val Curran «Mentre il Thc tende ad aumentare l’ansia, il Cbd rende le persone più calme [inoltre] il Cbd elimina gli effetti tossici del Thc». La ricerca riguardava 82 persone classificate come «gravemente dipendenti», non sappiamo però in che modo: in che misura la dipendenza era psicologica? Quanti di loro consumavano Thc fin dall’adolescenza? Quali altre sostanze erano contenute negli spinelli che consumavano?

Ad ogni modo, dai dettagli riportati su NewScientist capiamo che alcuni dei volontari facevano parte di un gruppo di controllo a cui è stato dato un placebo e assistenza psicologica. Possiamo quindi dedurre il il Cbd possa aver sul serio aiutato queste persone a ridurre la loro dipendenza.

L’effetto benefico si presentava con la somministrazione di Cbd pari a 400 milligrammi, mentre il doppio della dose non sortiva risultati soddisfacenti.

La verifica in tutti i casi è stata fatta tramite l’esame delle urine «la dose da 400 milligrammi ha anche più che raddoppiato il numero di giorni in cui le persone non avevano Thc nelle urine», riporta NewScientist.

Non sembra quindi che ci sia un controllo diretto dei volontari e dei fattori alternativi che potrebbero spiegare i risultati degli esami, com’è normale che sia in questo genere di ricerche, le quali necessitano ulteriori studi.

Del resto lo stesso McGregor raccomanda prudenza: «A chi non riesce a smettere di fumare cannabis consiglierei di cercare assistenza medica», afferma, riferendosi al Cbd disponibile nelle farmacie, con dosi molto più basse di quelle usate nello studio.

Fonte: open.online

Cannabis: sequestrate 670 piante

Cannabis: sequestrate 670 piante

Una serra su due piani, con ambienti per la coltivazione e altri per l’essicazione. Poco meno di 670 piante di cannabis, di diverse altezze, e più di 160 chili di infiorescenze già pronte per il mercato della droga. Il sequestro è scattato dalla tarda serata di giovedì e proseguito nella nottata, con l’intervento a Borgo Priolo, in località Staghiglione, della Guardia di finanza di Milano, insieme ai finanzieri di Pavia e Voghera. E’ scattato anche un arresto, per la coltivazione e produzione di sostanza stupefacente, nei confronti dell’imprenditore agricolo 51enne di Casteggio.

La serra, con le piantine numerate e catalogate in base alle diverse fasi di crescita, era ovviamente dotata di tutte le apparecchiature necessarie per la coltivazione della cannabis, con lampade e sistemi di ventilazioni. Appesi per l’essicazione, in altri ambienti della stessa cascina, rami con infiorescenze. E su scaffali le cassettine e altri contenitori con la marijuana già pronta da vendere. Tutto molto ben organizzato, in una delle più vaste ‘piantagioni’ mai trovate dalle forze dell’ordine in provincia di Pavia.

Fonte: ilgiorno.it

Macerata: 4 anni al titolare del cannabis shop

Macerata: 4 anni al titolare del cannabis shop

Macerata, 16 ottobre 2019 – Cannabis light venduta in negozio, in due rischiano una condanna a quattro anni ciascuno. Sono il titolare del punto vendita «Indoornova Grow Shop» di via XXIX Settembre, ad Ancona, e il padre del suo socio. L’accusa per loro è di detenzione di sostanza stupefacente ai fini dello spaccio, in concorso.

La richiesta di condanna è stata formulata ieri in udienza preliminare al tribunale di Ancona, dove si procede col giudizio abbreviato, dal pm Irene Bilotta. Il 21 giugno dell’anno scorso, la squadra mobile di Macerata aveva effettuato un blitz all’interno dell’attività (aperta con regolare licenza), trovando 666 confezioni di cannabis light venduta in barattolini sigillati, 24 piante di marijuana in avanzato stato di crescita e 20 buste di cellophane contenente marijuana, per un peso complessivo di 13 chili e 150 grammi di stupefacente. Tutti prodotti acquistati con regolari fatture, secondo i gestori, e con il principio del thc sotto lo 0,6.

Per la Procura dorica però, che aveva aperto un fascicolo a carico dei due, le sostanze non sarebbero stati nei limiti di legge. Il giorno dopo il sopralluogo per uno dei due indagati, Alfonso Nicosia, 52 anni, originario della Sicilia ma residente da anni nella provincia dorica, era scattato l’arresto (poi era tornato libero). La mattina del Blitz i poliziotti avevano trovato lui nel negozio. Nicosia lo aveva appena aperto quando sono entrati gli agenti. Solo denunciato, invece, Lorenzo Castignani, 32 anni, civitanovese, in società col figlio di Nicosia, e proprietario di altri due cannabis store gemelli, uno a Macerata e l’altro a Piediripa, oggetto di controlli da parte della questura di Macerata.

Il controllo ad Ancona aveva portato al sequestro dell’intera fornitura del punto vendita. Difesi dagli avvocati Domenico Biasco e Alberto Zaina, i due legali parlano di una richiesta inconcepibile. «Non sono spacciatori – ha detto Zaina, che rappresenta Castignani –. Degli oltre 40 prodotti sequestrati nel negozio, solo tre avevano il principio attivo superiore allo 0,5. Non è merce drogante. È stato fatto anche un incidente probatorio sulle sostanze e i dati sono incontrovertibili».

Il gup Paola Moscaroli ha rinviato per repliche e sentenza al 10 dicembre. Dopo il caso del negozio di via XXIX Settembre, la Procura aveva poi avviato una indagine per approfondire la posizione e il tipo di merce in vendita in altri negozi di cannabis light, ad Ancona e provincia. I controlli erano stati delegati alla guardia di finanza. I baschi verdi avevano effettuato cinque controlli in tutta la provincia: due ad Ancona, da Mari-ká sotto la galleria dorica e al Cannabis Store Amsterdam di corso Garibaldi, due nello jesino e uno a Fabriano. In tutte le attività controllate era stata sequestrata cannabis messa in vendita.

Fonte: ilrestodelcarlino.it

Cannabis: futuri problemi se fumata in gravidanza

Cannabis: futuri problemi se fumata in gravidanza

Un nuovo studio, firmato dall’Università di Cagliari, che mette in evidenza le serie conseguenze per il nascituro in caso di esposizione, durante la gravidanza, alla cannabis.

L’indagine, effettuata dai ricercatori dell’Università di Cagliari e guidata da Miriam Melis, in collaborazione con l’Accademia delle Scienze Ungheresi a Budapest e l’Università del Maryland a Baltimora, rivela come l’uso durante la gravidanza della cannabis e l’esposizione al suo principale componente psicoattivo – il THC – modifica il sistema dopaminergico della prole rendendola suscettibile ai suoi effetti psicotici durante la preadolescenza.

La ricerca, pubblicata sulla prestigiosa rivista “Nature Neuroscience”, ha svelato importanti modificazioni delle aree cerebrali responsabili della gratificazione nei giovani ratti, i quali mostrano una maggiore vulnerabilità agli effetti di una sola esposizione al THC a un’età in cui i giovani cominciano a sperimentarla.

Obiettivo dello studio è dunque mettere in evidenza come l’uso di una droga considerata “leggera”, se assunta durante la gravidanza modifichi la regione cerebrale importante per le emozioni, il piacere e diverse funzioni cognitive, così come fanno cocaina e l’alcol. Un’evidenza molto importante perché – con la crescente legalizzazione della cannabis e la diffusa percezione di una sua sostanziale innocuità – la cannabis è la droga illegale più usata nel mondo dalle donne incinte, a volte assunta come rimedio per le nausee mattutine o per l’ansia.

Gli autori dello studio sperano quindi che la loro scoperta aiuti il processo di consapevolezza riguardo le conseguenze negative sullo sviluppo del sistema nervoso centrale del bambino. D’altronde gli studi dimostrano come rispetto ai loro pari questi piccoli siano iperattivi, disattenti, più impulsivi e più suscettibili alle psicosi. Non sorprende quindi gli autori che anche lo sviluppo del loro sistema dopaminergico sia alterato.

Nello stesso studio, gli autori sono stati in grado di correggere le modificazioni cerebrali, a livello sia cellulare sia comportamentale, riuscendo a proteggere i piccoli esposti durante la gestazione al THC dai suoi effetti detrimenti con un farmaco che attualmente è approvato dalla agenzia americana del farmaco (la Food and Drug Administration) in diversi studi clinici per il trattamento della schizofrenia, del disturbo bipolare e dei disturbi psichiatrici associati all’uso di cannabis.

Fonte: https://www.unionesarda.it/articolo/cultura/2019/10/15/cannabis-e-gravidanza-per-il-nascituro-i-problemi-arrivano-nell-a-8-940618.html