Secondo uno studio italiano la legalizzazione della cannabis light nel nostro Paese ha ridotto la quantità di marijuana spacciata e i relativi ricavi delle organizzazioni criminali

La cannabis light nuoce alla criminalità organizzata. È questa, in sintesi, la conclusione di uno studio condotto da tre ricercatori italiani e pubblicato sulla rivista European Economic Review, “Light cannabis and organized crime. Evidence from (unintended) liberalization in Italy” – “Cannabis leggera e criminalità organizzata: prove della liberalizzazione (non intenzionale) in Italia”. Dalla ricerca, la prima di questo tipo nel nostro Paese, emerge che la legalizzazione della  cannabis leggera in Italia ha ridotto nel giro di poco più di un anno la quantità di marijuana spacciata e i relativi ricavi delle organizzazioni criminali (qui lo studio completo).

La “liberalizzazione involontaria”

Vincenzo Carrieri e Francesco Principe, ai tempi dello studio in forza presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università degli Studi di Salerno, in collaborazione con Leonardo Madio, già nel Department of Economics and Related Studies dell’University of York (Inghilterra), hanno incrociato i dati forniti dalla polizia sui sequestri di cannabis illegale condotti a livello provinciale con le vendite di cannabis light registrate fino a marzo 2018 a partire dal dicembre 2016, ovvero dall’entrata in vigore della legge 242/2016 sulla canapa industriale che, a causa di un vuoto legislativo , ha dato origine a quella che nello studio viene definita “liberalizzazione involontaria” della canapa, portando alla regolare vendita del prodotto purché caratterizzato da una ridotta percentuale (tra lo 0,2% e lo 0,6%) di tetraidrocannabinolo o Thc, il principio psicoattivo.

Più cannabis shop, meno confische e arresti per droga

Lo studio ha preso in esame un periodo di tempo di 15 mesi, ma i dati più significativi sono quelli a partire dal maggio 2017, ovvero da quando è diventato disponibile sul mercato il primo raccolto successivo alla legalizzazione involontaria. “La ricerca – spiegano gli autori – ha dimostrato come nelle province con maggiore concentrazione di rivenditori di canapa legale ci sia stata, a parità di operazioni di polizia, una riduzione delle confische di prodotti stupefacenti e una riduzione del numero di arresti per reati di droga”. E ha messo in evidenza che, nel breve arco temporale considerato, la legalizzazione della cannabis light ha portato a una riduzione di circa l’11% dei sequestri di marijuana per ogni cannabis shop. Una percentuale che, tradotta in chili di cannabis illegale confiscata, sta a significare un calo dei sequestri di marijuana pari a 6,5 chili per ogni negozio specializzato in prodotti a base di cannabis. “La liberalizzazione involontaria della cannabis light – si legge nello studio – ha avuto un impatto anche sul numero di piante di cannabis illegali confiscate – 37 per ogni cannabis shop – e sulla riduzione dei sequestri di hashish, 8% per ogni cannabis shop”.

Criminalità, ricavi perduti per circa 200 mln euro l’anno

“Queste stime – si legge nello studio – consentono di calcolare le entrate perdute per le organizzazioni criminali. Considerando che il numero medio di cannabis shop a livello provinciale è di circa 2,76 e che il prezzo della marijuana è stimato in 7-11 euro al grammo, le nostre stime sulle 106 province considerate implicano che le entrate perdute a causa della liberalizzazione della cannabis light corrispondano – solo per quanto concerne la marijuana, escludendo l’hashish e le piante di cannabis illegali – a circa 200 milioni di euro all’anno”.

Ma l’effetto è sottostimato

Sono cifre che possono sembrare non molto significative, se si considera che in Italia il commercio illegale di marijuana e hashish comporta un giro d’affari da 3,5 miliardi di euro. I ricercatori precisano però che l’effetto reale potrebbe essere molto più vasto, dal momento che la marijuana sequestrata rappresenta solo una parte minoritaria di quella disponibile sul mercato nero.

Il “sostituto imperfetto”

Al contrario, spiegano gli autori dello studio, i risultati ottenuti in termini di ricavi perduti da parte della criminalità organizzata appaiono invece interessanti se si considera che la cannabis light è un “sostituto imperfetto” della cannabis illegale, poiché caratterizzata da “effetti ricreativi molto più bassi, dovuti alla percentuale minima di Thc in essa contenuta”, mentre il Thc presente nella marijuana da strada può arrivare a superare il 20%, con il noto “effetto sballo” che ne consegue. “Questi risultati – scrivono – supportano l’argomentazione secondo cui, anche in un breve periodo di tempo e con un sostituto imperfetto, la fornitura di droghe illegali da parte del crimine organizzato viene rimpiazzata dalla presenza di rivenditori ufficiali e legali”.

Effetto sostituzione

I ricercatori parlano di un “effetto di sostituzione” inatteso nella domanda tra cannabis light e cannabis illegale. Quali sono i motivi del successo della canapa leggera? Possono essere diversi: dal voler evitare effetti stupefacenti eccessivi, al preferire un prodotto dall’origine controllata. E, molto probabilmente, un ruolo di tutto rispetto è giocato dal non doversi rivolgere al mercato illegale per effettuare l’acquisto.

Fonte: peopleforplanet.it