da Redazione | 11 Agosto, 2020 | Italia, Notizie
Negli ultimi mesi, la nostra quotidianità è stata stravolta come mai prima: la pandemia di Coronavirus e il lockdown hanno cambiato le nostre abitudini, facendo emergere nuovi business e, soprattutto, dando smalto a modi di approcciarsi all’acquisto diversi da quello che prevede l’interazione con il negoziante.
Sì, stiamo parlando del boom dell’e-commerce, che ha investito diversi settori e portato numerosi portali a vivere un vero e proprio boom di vendite. Tra questi, rientrano senza dubbio i negozi che vendono cannabis light online. Giusto per dare qualche dato, ricordiamo che diversi e-commerce si sono trovati, da una settimana con l’altra, a gestire diverse centinaia di ordini, passando dalle decine che avevano prima. Quali sono le ragioni di questo boom? Vediamone assieme alcune.
Proprietà rilassanti del CBD
Se e-commerce come Cbdmania.it hanno visto crescere da un giorno con l’altro il loro volume d’affari, le ragioni possono essere ricercate, per esempio, nel forte potere rilassante del CBD, il principio attivo principale della cannabis light. Ricordiamo infatti che, in virtù della Legge 242/2016, la cannabis, per essere commercializzata e consumata, deve avere una percentuale di THC compresa tra lo 0,2 e lo 0,6%.
Il CBD o cannabidiolo può essere consumato in diversi modi. Tra i più popolari rientra senza dubbio l’olio, che si contraddistingue anche per le comodissime modalità di assunzione (parliamo infatti di pratiche confezioni con contagocce). Da non dimenticare è anche l’alternativa dei cristalli, che hanno il pro di poter essere versatili. Possono essere infatti sciolti sulla lingua, ma anche scaldati – attenzione, non troppo – o vaporizzati.
Come già detto, si contraddistingue per proprietà rilassanti che hanno rappresentato un vantaggio per molte persone in un periodo non certo facile come il lockdown.
Maggiore disponibilità di infiorescenze di qualità
Al di là della quarantena, quando si parla di cannabis si inquadra una pianta che, a seguito dell’entrata in vigore della Legge 242/2016 nel gennaio dell’anno successivo, è finita al centro di un vero e proprio business in crescita. Non è un caso che, a più di tre anni dall’inizio di quella che in Italia è stata una vera e propria rivoluzione culturale ed economico, si parli di New Canapa Economy.
Questo ha portato gli e-commerce – ma anche i numerosi growshop presenti per le strade delle nostre città – a investire tantissimo nella qualità dei prodotti. Tale approccio, di base, ha portato all’aumento di disponibilità di prodotti. Tra questi è possibile citare le infiorescenze, caratterizzate da un aroma particolarmente intenso e raffinato e, non caso, apprezzate dai veri intenditori.
Più tempo a disposizione
Tra le ragioni da considerare quando si cercano i motivi del boom della cannabis light online è il caso di elencare anche il maggior tempo a disposizione. Sembra banale, ma con più tempo per via del lavoro fermo o con ritmi diversi e con gli impegni fuori casa messi in secondo piano, tantissime persone hanno trascorso parte delle loro giornate online, esplorando le alternative messe a disposizione dagli e-commerce. In questi frangenti, moltissimi utenti hanno scoperto per la prima volta la cannabis light e, spinti dalla curiosità, hanno deciso di acquistarla.
Da non trascurare è anche l’ottimo lavoro che, fin dall’inizio dell’emergenza, gli e-commerce hanno iniziato a fare. Non appena gli operatori del settore si sono resi conto della situazione, hanno messo a punto delle soluzioni di delivery per recapitare le merci agli utenti. Inoltre, hanno ottimizzato la qualità dei portali, velocizzandoli e rendendoli più fruibili da diversi dispositivi. Concludiamo ricordando il lavoro eccellente fatto sui social, rispondendo a commenti di utenti desiderosi di chiarimenti e informazioni.
da Redazione | 10 Agosto, 2020 | Mondo
La domanda di marijuana trafficata illegalmente dal Messico continuerà a diminuire man mano che la legalizzazione si diffonderà, come afferma un nuovo rapporto del centro di ricerca del Congresso statunitense, pubblicato la settimana scorsa e intitolato: “Messico: Organized Crime and Drug Trafficking Organizations.”
Con un numero crescente di stati americani – così come il Canada – che permettono l’acquisto legale di cannabis, le persone sono meno inclini a cercare il prodotto attraverso canali illeciti, secondo il rapporto, in cui si legge: “Le autorità prevedono una continua diminuzione della domanda di marijuana messicana negli Stati Uniti, perché le droghe ‘diverse dalla marijuana’ saranno probabilmente predominanti. Questo è anche dovuto alla legalizzazione della cannabis in diversi stati degli Stati Uniti e del Canada, che ne riduce il valore come parte del portafoglio delle organizzazioni di trafficanti messicani”.
Il rapporto rileva anche che il Messico stesso “sta considerando la legalizzazione e la regolamentazione della cannabis” dopo che una sentenza della Corte Suprema ha ritenuto incostituzionale la proibizione del possesso e del consumo personale nel 2018.
Il documento esamina le varie tendenze della droga e l’attività del cartello e nota che le forze dell’ordine messicane hanno sequestrato 91 tonnellate di marijuana e distrutto più di 2.250 ettari di coltivazione nel 2019.
Inoltre la diversificazione del cartello in altre attività criminali “costituisce una risposta al cambiamento dei modelli di consumo di droga, come la legalizzazione della marijuana in alcuni stati degli Stati Uniti e un grande aumento della domanda di oppioidi vegetali e sintetici”.
I legislatori messicani, che hanno lavorato alla legislazione per la legalizzazione, hanno anche sostenuto che regolamentando la cannabis si mitigherà l’influenza delle organizzazioni criminali. E’ un punto che i sostenitori della riforma hanno costantemente evidenziato, affermando che la gente in generale graviterà verso fonti legali di cannabis, se disponibile.
Il rapporto è anche coerente con studi precedenti, tra cui uno del Cato Institute del 2018 che ha determinato che la legalizzazione della cannabis a livello statale “ha notevolmente ridotto il contrabbando di marijuana. Sulla base dei sequestri che avvengono alla frontiera, il contrabbando è diminuito del 78% in soli 5 anni. Poiché la marijuana era la principale droga tra i porti d’ingresso e il valore dei sequestri è diminuito del 70%”.
Anche il Rapporto di fine anno del 2019 del presidente della Corte Suprema
John Roberts sembra avvalorare l’idea che la legalizzazione stia avendo un impatto sul traffico di marijuana, osservando che mentre i procedimenti federali per i crimini legati alla droga sono aumentati nel 2019, i casi che coinvolgono la cannabis sono diminuiti di oltre un quarto.
Dati che dovrebbero farci riflettere.
da Redazione | 10 Agosto, 2020 | Mondo
Il cannabidiolo, componente non psicoattivo della cannabis, sembra favorire un taglio nell’uso di marijuana in chi ha problemi di consumo eccessivo.
Potrebbe sembrare paradossale che una possibile soluzione alla dipendenza da cannabis venga da un “ingrediente” della cannabis stessa: il cannabidiolo (CBD), la seconda sostanza più abbondante nella marijuana dopo il THC, potrebbe essere sfruttato come aiuto per uscire da un consumo problematico di erba. Come suggerisce uno studio pubblicato su Lancet Psychiatry il cannabidiolo, che non ha effetti psicoattivi, riesce a ridurre la dipendenza da marijuana dove altre terapie falliscono.
DATI PROMETTENTI. In un nuovo trial farmacologico condotto nel Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bath, nel Regno Unito, un gruppo di neuroscienziati ha somministrato a 48 volontari con un problema di dipendenza da cannabis dosi giornaliere di cannabidiolo o un placebo, per un periodo di 4 settimane. I soggetti hanno ricevuto per via orale una dose quotidiana di 400 oppure 800 milligrammi di CBD; un trial preliminare su 34 volontari prevedeva una dose giornaliera di 200 milligrammi, che però si è rivelata troppo bassa e inefficace, ed è stata in una seconda fase scartata.
Al termine del trattamento, i partecipanti trattati con cannabidiolo avevano dato un taglio all’uso di cannabis molto più di chi aveva ricevuto il placebo: avevano totalizzato più giorni senza far uso di marijuana e presentavano minori livelli della sostanza nell’urina. Il cannabidiolo aveva in effetti ridotto l’uso di cannabis, oltretutto senza provocare dipendenza a sua volta o altri effetti collaterali.
SENZA FRETTA… La ricerca non si è spinta a spiegare il meccanismo, ma gli scienziati precisano che, diversamente dal THC, il cannabidiolo non agisce sul sistema della ricompensa e non ha un effetto intossicante. Studi passati hanno dimostrato la sua capacità di ridurre ansia e pulsioni in chi soffre di dipendenza da eroina, altri suggeriscono possa avere un effetto positivo nei trattamenti controllati della depressione, dell’insonnia o dell’epilessia. Allo stesso tempo però, molte affermazioni sulle presunte proprietà di oli e altri prodotti a base di cannabidiolo appaiono fuorvianti e prive di fondamento scientifico. In attesa di un quadro più chiaro i medici mettono in guardia da terapie fai da te con prodotti commerciali che contengono questa sostanza. Chi ha un problema di abuso di cannabis dovrebbe prima di tutto cercare l’aiuto di un medico e di uno psicoterapeuta.
da Redazione | 7 Agosto, 2020 | Mondo
Cannabis legale in Italia: tutto ciò che c’è da sapere
Come è risaputo, l’utilizzo e la coltivazione di cannabis in Italia sono ancora illegali e considerati perlopiù tabù. Al contrario, in numerosi paesi del mondo, dagli Stati Uniti alla Thailandia passando per l’Uruguay e la Giamaica, si legalizza la cannabis o si fanno passi concreti verso la legalizzazione.
Nonostante ciò, mai come negli ultimi 5/6 anni, i dibattiti televisivi e le cronache dei media tradizionali hanno dato un così ampio spazio al fenomeno cannabis.
La legge 242/2016 e la sentenza della Cassazione
Ma andiamo con ordine: l’approvazione della legge 242/2016 sulla coltivazione della cannabis sativa (<5% di THC), ha avuto un effetto dirompente sia sul mercato che nelle istituzioni, ma soprattutto sull’opinione pubblica. Detta legge sancisce la possibilità di coltivare e rivendere cannabis sativa L. purché con tasso di THC inferiore allo 0,5%, oltre ad alcune norme da rispettare che descriveremo in seguito.
Quasi 2500 aziende nate negli ultimi 4 anni sono dedite alla coltivazione trasformazione e rivendita di infiorescenze di cannabis a basso contenuto di THC. Un’economia nascente potenzialmente travolgente, che parte dell’opinione pubblica e della politica italiana hanno tentato di minare alle basi, diffondendo l’idea che la cosiddetta cannabis legale potesse essere una droga pericolosa.
Al tempo stesso, nel dicembre del 2019 le sezioni riunite della della Corte di Cassazione hanno affermato il principio secondo il quale la coltivazione domestica di cannabis indica di lieve entità (per intenderci, la cannabis indica terapeutica con alto quantitativo di THC) non costituisce reato.
Come nelle migliori storie che raccontano l’Italia, ci troviamo davanti a un contesto decisamente confuso. Per questa ragione, lo scopo di questo articolo è chiarire quale tipologia di cannabis è possibile coltivare in maniera legale in Italia, senza incorrere in conseguenze penali.

Coltivare cannabis in maniera legale: come fare?
Le regole per coltivare cannabis legale, chiamata anche cannabis light, non differiscono in sostanza da quelle della tradizionale agricoltura.
L’iscrizione alla Camera di Commercio è il primo passo. Successivamente è necessario comunicare il luogo dove avverrà la coltura, che può essere un campo, una serra oppure un magazzino (nel caso in cui si voglia coltivare cannabis indoor o avviare una coltivazione idroponica).
È possibile coltivare semi rigorosamente certificati, con apposito cartellino comprovante una delle 65 varietà ammesse al catalogo EU. É stato tolto l’obbligo di avvisare le autorità (Carabinieri o Forestale), anche se è buona norma di cortesia farlo lo stesso. In ultimo, il punto fondamentale è rimanere sotto la fatidica soglia dello 0,5% di THC. Cannabinoide che, lo ricordiamo, è causa dell’effetto psicotropo.
Ma che succederebbe qualora le infiorescenze superassero la soglia dello 0,5%? Verremmo arrestati? Assolutamente no! Le forze dell’ordine hanno l’ordine di disporre la distruzione del raccolto senza conseguenze legali.
Quale tipologia di cannabis è vietato coltivare?
La sentenza di Cassazione a sezioni riunite, per la quale non costituisce reato coltivare cannabis domestica di lieve entità ad alto tenore di THC, è per gli addetti ai lavori un enorme passo avanti verso la tolleranza e la normalizzazione.
Anche se coltivare cannabis indica ad alto tenore di THC rimane di fatto illegale e perseguito penalmente, questa sentenza è un assist alla politica a legiferare in materia di cannabis. Altresì, è uno strumento formidabile per potersi difendere se incorriamo in conseguenze penali.
Coltivazione di marijuana legale: quali semi posso coltivare?
La coltivazione di marijuana legale è consentita solo con determinate tipologie di sementi, anche se il mercato dei semi offre una vasta scelta di ogni tipologia. La scelta deve essere ben ponderata. Vi illustriamo quali sono le diverse tipologie di semi che potrete trovare in commercio:
- Semi certificati EU: La legge 242/16 sulla lavorazione della cannabis consente la coltivazione di semi esclusivamente certificati nella EU. ‘elenco delle 65 varietà certificate è disponibile con una semplice una semplice ricerca su Google.
- Semi femminizzati di cannabis legale: Sono semi di cannabis di varietà legali, cioè che producono un tenore di thc compreso tra lo 0,2-0,5%, ma di fatto non sono normati e quindi non sarebbe possibile coltivarli per scopi commerciali.
- Semi di cannabis da collezione : Anche se le numerose sentenze della Corte di cassazione dal 2009 al 2014 hanno dichiarato legale la vendita dei semi di cannabis ad uso collezionistico, è vietata la semina e la coltivazione degli stessi.

Si può coltivare cannabis light in casa a livello amatoriale?
Certamente sì, purchè non a scopi commerciali. Nel febbraio 2016 è stata approvata la legge che consente l’uso ornamentale e florovivaistico della pianta di cannabis, quindi è possibile coltivare cannabis in casa (lo ricordiamo, a basso contenuto di THC). Se volete iniziare ad approfondire il tema e cimentarvi nella coltivazione casalinga, vi consigliamo di consultare questa guida per la coltivazione di cannabis sia indoor che outdoor.
Non è raro ormai scorgere piante di cannabis vendute per uso ornamentale in negozi, grow shop e vivai specializzati, dove si possono acquistare anche i semi di cannabis. Esigete sempre ricevuta e cartellino, con regolare certificazione Eu dei semi di provenienza, se non volete incorrere in pene amministrative.
Acquistare un kit per la coltivazione di cannabis indoor
In questo contesto, sono sempre più numerose le persone che si cimentano nella coltivazione di cannabis indoor. I negozi specializzati, detti grow shop, propongono kit per coltivare cannabis indoor per ogni esigenza e spazio.
É sempre bene ponderare l’acquisto di una grow box completa di tutti gli accessori affidandoci ad un venditore esperto, poiché non sempre i kit per coltivare sono completi di tutti gli accessori.
Coltivare marijuana legale: come iniziare e a chi rivolgersi
Per fortuna esistono diverse guide e manuali dedicati alla coltivazione indoor di cannabis, ma non tutte sono sempre esaustive. Il nostro suggerimento è sempre di consultare un esperto, specialmente se volete avviare un business di marijuana light.
Per fortuna esistono esperti di settore ai quali potrete rivolgervi per una consulenza più approfondita, ma attenzione! Il mercato della cannabis ha fatto proliferare un’infinità di sedicenti scuole che promettono formazione sull’argomento. Una consulenza agronomica per la coltivazione di cannabis è una cosa seria, che va ponderata con estrema perizia.
Il nostro consiglio è di affidarsi solo ad aziende di comprovata esperienza nel settore, che offrano anche servizi di formazione e consulenza sulla coltivazione di cannabis.

Canapa: una risorsa naturale
La canapa è una risorsa verde molto preziosa, nella quale noi italiani eravamo l’eccellenza fino a qualche decennio fa. È stata “discriminata” a causa del diffondersi del proibizionismo a partire dagli anni 30/40, e abbiamo smesso totalmente di coltivarla.
Oggi invece si contano più di 42 stati che hanno legalizzato totalmente la cannabis per uso terapeutico. Le scoperte mediche sui benefici curativi di questa pianta popolano ormai le maggiori riviste scientifiche di tutto il mondo. Ironia della sorte, il più grande promotore della legalizzazione sono gli Stati Uniti d’America, dove la criminalizzazione di questa pianta è cominciata.
La speranza è che la pianta canapa, dalle innumerevoli risorse in svariati campi, possa tornare ad essere quell’eccellenza italiana per la quale eravamo conosciuti in tutto il mondo.
da Redazione | 7 Agosto, 2020 | Senza categoria
Niente regolamentazione nazionale della cannabis nella campagna Biden 2020, solo depenalizzazione. Mentre la Camera tutela imprenditoria e consumatori in quegli Stati dove questa è legale.
Tempo di lettura: 3 minuti
A novanta giorni dalle elezioni presidenziali più scabrose della sua storia moderna, negli Stati Uniti si continua a navigare a vista di fronte all’emergenza Covid e all’assenza di una qualche leadership politica. Elezioni che comunque sono confermate per martedì 3 novembre prossimo, mentre si lavora per organizzarle quasi ovunque via posta. In vari Stati i cittadini dovranno pronunciarsi anche su almeno sette referendum per la regolamentazione della cannabis, a uso terapeutico e non solo.
Ma nonostante queste forti spinte a livello statale, negli ultimi giorni i democratici hanno confermato il No all’inclusione della possibile legalizzazione nella piattaforma elettorale nazionale 2020. Sono stati 106 (contro 50) i delegati dell’apposito Democratic National Committe (DNC) che hanno bocciato un emendamento in tal senso, con le sorprese di Barbara Lee (California), altri dello staff dell’amministrazione Obama e i sindaci di Atlanta e Boston.
Le ragioni dei molti interventi a sostegno dell’esplicito appoggio alla regolamentazione nazionale sono state sintetizzate da Bakari Sellers, ex deputato statale in South Carolina: «Credo che il Partito Democratico debbano davvero appoggiare proposte come il Marijuana Justice Act per depennare la marijuana dal Controlled Substances Act, regolamentandola in maniera simile all’alcol e imponendo tasse federali». Alla fine è però rivalsa la solita linea prudente, e nella risoluzione finale si legge fra l’altro:
«I democratici vogliono depenalizzare l’uso della marijuana e rivederne la classificazione restrittiva tramite interventi esecutivi a livello federale. Appoggiamo la legalizzazione della cannabis medica, lasciando agli Stati la discrezionalità decisionale sull’uso ricreativo. Il Ministero della Giustizia non dovrà perseguire comportamenti in questo settore già legalizzati a livello statale. Tutte le condanne e pene per la sola cannabis andrebbero automaticamente cancellate.»
Si tratta di un testo simile a quello approvato dal DNC nel 2016, pur se più aperto al cambiamento quando si dice che il Partito sostiene “riforme legislative atte a consentire agli imprenditori della marijuana legale di operare senza incertezze sul mercato.” Si evita però di menzionare la legalizzazione o la regolamentazione, in sintonia con le recenti raccomandazioni minime redatte dalla task force sulla riforma della giustizia penale voluta da Biden e Sanders. E, soprattutto, ricalcando le posizioni alquanto defilate e già note del primo, la cui campagna elettorale non includerà dunque gli sperati avanzamenti pro-cannabis – pur se questi potranno concretizzarsi in futuro, sempre che stavolta gli elettori confermino il vantaggio di Biden evidente nei sondaggi odierni.
Invece più deciso, appunto, l’appoggio democratico a tutela delle norme sulla cannabis legale già esistenti in ambito statale. La Camera ha appena approvato una risoluzione che impone al Ministero della Giustizia di non interferire sulle operazioni dell’imprenditoria e sui comportamenti dei consumatori in quegli Stati dove vige opportuna regolamentazione. Come già per un’analoga misura dello scorso anno, l’emendamento bipartisan, con primi firmatari Blumenauer, McClintock, Norton e Lee, è passato con 254 voti favorevoli e 163 contrari: ha votato Sì il 97% dei democratici e il 16% dei repubblicani.
Gli attivisti pro-riforma hanno subito salutato con entusiasmo la decisione. Come ha spiegato Justin Strekal, direttore della storica NORML: «Impossibile sminuire l’importanza di questo voto bipartisan; oggi quasi un americano su quattro risiede in una giurisdizione dove l’uso della cannabis degli adulti è legale per statuto. È giunto il momento per il Congresso di prendere atto della realtà e includere queste tutele nel bilancio federale definitivo.» Aggiungendo che il passo successivo appare scontato: introdurre e discutere proposte di legge mirate a smantellare una volta per tutte il proibizionismo sulla marijuana.
È quanto continuano a chiedere ampi settori della società civile, con l’appoggio di tanti deputati di ambo gli schieramenti. Lo testimonia fra l’altro la possibile discussione autunnale, sempre nell’aula della Camera, di una prima bozza sulla legalizzazione, il Marijuana Opportunity, Reinvestment, and Expungement (MORE) Act. Una buona opportunità per scardinare i tentennamenti dei democratici?
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