In un’America sconquassata dalle manifestazioni antirazzismo, dalla risalita dei casi di coronavirus e da leader politici fatiscenti, l’interesse dei cittadini per la cannabis non sembra scemare, anzi tutt’altro. In un frangente di perdurante insicurezza generale, la rinnovata attenzione per prodotti olistici e naturali non può non includere la marijuana e prodotti derivati come rimedio per ansia, stress e disturbi mentali. Il settore rimane in primo piano anche rispetto alla ripresa economica e, non ultimo, come potenziale traino per l’atteso cambiamento politico nella tornata elettorale tra meno di cinque mesi.
Aggiungendo che le autorità federali devono seguire l’esempio dei tanti Stati in questa direzione, e che riforma significa anche “farla finita con arresti, perquisizioni e carcere per i nostri concittadini, per lo più persone di colore, che fanno uso di marijuana”. Proposta subito rilanciata, alla Camera, dal democratico Lou Correa, per il quale la riforma della polizia va accoppiata con la fine del proibizionismo sulla cannabis. Lo stesso hanno fatto il governatore della California, Gavin Newsom, e della Virginia, Ralph Northem. E nei giorni scorsi tra i deputati democratici è circolata una lettera che li sollecita a tenere in primo piano la riforma sulla marijuana come modalità cruciale per promuovere la giustizia nei confronti delle minoranze nel contesto della crisi odierna.
Pur se la notizia ha trovato scarsa attenzione nei media mainstream tutti presi dalla poliforme crisi in atto, l’impegno di Sanders e altri rinnova altresì le spinte per le riforme locali. La Camera bassa del New Jersey ha appena approvato a grande maggioranza (63-10) la normativa che depenalizza il possesso di marijuana: multa di 50 dollari fino a 56 grammi, due once, per uso personale. Al Senato è in discussione un’analoga proposta per il possesso fino a 450 grammi, un pound. In ogni caso, a novembre è già previsto il referendum sulla regolamentazione in ambito ricreativo, con sondaggi assai favorevoli.
Simile l’obiettivo raggiunto in Montana, dove sono state presentate un totale di 130.000 firme necessarie per porre due quesiti agli elettori statali. Si tratta di emendamenti costituzionali per implementare il mercato legale della cannabis per i maggiori di anni 21. Non appena scattate le misure per la riapertura graduale, gli attivisti si sono tornati in piazza per la corsa finale della raccolta-firme , grazie anche all’esplicito sostegno del Partito Democratico statale.
Intanto gli ultimi dati del business legale riportano che in Michigan per la prima volta le vendite settimanali della cannabis ricreativa hanno superato, seppur di poco, quelle per l’uso terapeutico: oltre 10 milioni di dollari contro 9,97 nella settimana 8-14 giugno. E a partire dal 13 aprile, inizio del lockdown, il fatturato è cresciuto del 13% a settimana. Cifre non da poco, considerando che il lancio del mercato legale per i maggiorenni risale appena al primo dicembre scorso e che molte municipalità locali hanno comunque deciso di vietare le rivendite sul loro territorio.
Più di sette tonnellate ne sono state vendute in Arkansas solo a scopo medico nel primo anno di attività, dal maggio 2019, con un fatturato di 92 milioni di dollari per i 22 dispensari attivi. Mentre in Oregon il settore rimane in costante ascesa: in aprile, complice il noto Weed Day del 4/20, gli incassi lordi hanno raggiunto il picco di 89 milioni di dollari, inclusivi di materia prima ma anche prodotti concentrati, commestibili e altri derivati. Analogo l’andamento in maggio, mentre per giugno, con il graduale ritorno alla “normalità”, si stima che soltanto in tasse le vendite potranno generare circa nove milioni di dollari per le casse statali.
In Illinois il mercato ricreazionale ha toccato un nuovo record, superando incassi per oltre 44 milioni di dollari nel mese di maggio, di cui 10 milioni dovuti ai visitatori di Stati limitrofi. Quasi un milione i prodotti singoli venduti. Il precedente record era di 39 milioni, registrato nel gennaio scorso, il primo mese dall’avvio delle rivendite legali. Le quali sono rimaste aperte durante la pandemia in quanto “servizi essenziali”, come anche per altri Stati.
L’opposto quanto invece accaduto in Nevada, dove i negozi stanno riaprendo soltanto ora: dal 20 marzo il governatore Steve Sisolak ha consentito solo le consegne a domicilio. “Nel giro di una notte ci siamo ritrovati con il 35% in meno delle entrate, pur se al contempo sono aumentate le ordinazioni online e al telefono. Abbiamo assunto nuovi fattorini e imposto un minimo di 60 dollari per ordine, e così siamo rimasti a galla”, spiega Frank Hawkins, proprietario del Nevada Wellness Center. E la chiusura della famosa Strip di Las Vegas, che ospita casinò e ritrovi a non finire, ha danneggiato non poco i due maggiori imprenditori locali, indirizzati soprattutto ai turisti. Planet 13, definito il “più grande dispensario del mondo”, stima che l’80% dei suoi 2.200 clienti giornalieri risiede fuori dallo Stato, oguno dei quali a febbraio aveva speso mediamente oltre 100 dollari per visita. Per ora i negozi operano al 50% della loro capacità, sperando di tornare quanto prima ai livelli normali.
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