Sappiamo però che il nostro modello economico va rivisto, in un’ottica ecologica in senso lato: dobbiamo trovare nuovi modi non solo di alimentarci, ma anche di consumare, di produrre energia, nuovi materiali, nuove risorse possibilmente rinnovabili e che non impoveriscano ulteriormente il pianeta che ci ospita. La sfida è così grande che è servita una bambina per mostrarne l’urgenza. Greta Thunberg, nel suo celebre discorso di Katowice nel 2018, ha detto: “Se le soluzioni sono impossibili da trovare all’interno di questo sistema significa che dobbiamo cambiare il sistema.” E come? Da dove partire per cambiare il sistema? Per esempio, trovando un maiale vegetale, la cui coltivazione sia a basso impatto ambientale, e il cui uso sia non solo alimentare ma persino industriale. La canapa.

Che la canapa sia il maiale vegetale, è un detto popolare altrettanto diffuso, forse da prima ancora di scoprirne gli usi possibili più recenti e impensabili. Anche se il suo nome è indissolubilmente legato alla controversa locuzione “droghe leggere”, va sottolineato che alcune delle varietà botaniche di questa pianta non hanno proprio niente a che vedere con l’uso ricreativo in questione.

Generalizzando molto, possiamo dire che la Canapa Sativa, la varietà più diffusa, può essere suddivisa in due sottospecie differenti: l’una contiene alte concentrazioni di THC, la sostanza psicotropa; l’altra ne è priva, ed è questa la varietà che incontra l’industria da un lato e la medicina dall’altro. Dai fiori di questa pianta si ricava infatti il CBD, una sostanza preziosa per le sue proprietà rilassanti e calmanti (attenzione: non allucinogene), sia in caso di stress e ansia, sia in caso di dolori cronici.

C’è di più. Analizzando l’intera filiera della canapa, si scopre che non c’è una produzione di rifiuti ad alto impatto ambientale, anzi: la sua coltivazione contribuisce ad abbattere le emissioni di gas serra, realizzando contemporaneamente un processo di fitobonifica, poiché migliora la fertilità dei suoli, e ha un ruolo di diserbante naturale.
Perchè quindi non ci stiamo dedicando in modo più massivo alla coltivazione della canapa?

Fonte: Il Sole 24 Ore