La cannabis light “batte” Salvini: i giudici riaprono i negozi
Dopo la sentenza della Cassazione, che in maniera evasiva inseriva i prodotti della canapa (infiorescenze, oli, etc…) nella black list, considerandoli sostanze stupefacenti , i giudici si sono espressi a riguardo, annullando i sequestri avvenuti ai danni dei negozianti, perché la stessa legge stabilisce tutt’ora che l’effetto drogante in Italia, per considerarsi tale deve avere un livello superiore allo 0,5% di THC.
E’ stato uno dei suoi cavalli di battaglia, la chiusura dei negozi di cannabis light. Ma per Salvini il vento sembra essere davvero cambiato. Nonostante la sentenza della Cassazione che impone il divieto di vendita di prodotti derivanti dalla canapa, i giudici chiamati in causa dai titolari dei negozi sono stati di parere diverso: la cannabis light non è drogante e la legge permette la vendita.
Ormai il copione è ben definito. La polizia sequestra la
merce e fa chiudere il negozio. Poi il proprietario chiede l’intervento della
magistratura che controlla il contenuto di Thc, cioè l’elemento
“drogante” e lo trova al di sotto di 0,5%. E la legge parla chiaro: è
quello il limite che stabilisce se il prodotto della canapa è droga oppure
no.
A maggio la Cassazione aveva imposto “la vendita o la cessione a qualunque
titolo dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis (olio, foglie,
infiorescenze e resina)” salvo che “tali prodotti siano in concreto
privi di efficacia drogante”. Ed è su questo punto che si gioca tutto.
L’attuale legge sulle droghe stabilisce che la cannabis è da considerarsi light
se il Thc è al di sotto della soglia di 0,5%. Ecco perché i magistrati riaprono
i negozi messi sotto sequestro dal decreto Salvini.
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